« Charb, amico, ce l’ho con te » J’accuse al direttore di Charlie E si rompe il clima d’incanto

« Charb, amico, ce l’ho con te » J’accuse al direttore di Charlie E si rompe il clima d’incanto

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PARIGI «Tutti per uno, tutti Charlie» titola in prima pagina forse il più famoso settimanale satirico di Francia (fino alla settimana scorsa), Le Canard Enchaîné , esortando i colleghi di Charlie Hebdo a tenere duro. «Continuiamo la battaglia» ha titolato in copertina anche l’edizione monografica de L’Obs ( Le Nouvel Observateur ). Ma proprio la rivista diretta da Matthieu Croissandeau ha innescato la prima, dolorosa polemica. La prima crepa nel fronte compatto che, domenica scorsa, aveva portato buona parte della Francia in piazza.
Tocca all’ottuagenario Delfeil de Ton, uno degli ultimi superstiti, con Bernard Willem, dello storico gruppo dei fondatori del settimanale guidato da François Cavanna, a portare lo scompiglio nella famiglia di Charlie Hebdo . Lo fa nell’ultima colonna di un lungo affettuoso articolo, dedicato alla redazione e al coraggio dei superstiti, su L’Obs , cui collabora dal 1975: «Sarò sgradevole con Charb — annuncia riferendosi all’ultimo direttore, Stéphane Charbonnier, ucciso a 47 anni con altre 11 persone nell’assalto dei fratelli Said e Chérif Kouachi alla redazione, il 7 gennaio scorso —. Era il capo. Che bisogno c’era di trascinare tutta la redazione in questa escalation?».
Grande amico di Wolinski, anche lui caduto sotto i colpi di kalashnikov che hanno interrotto la riunione di redazione, Delfeil de Ton, assicura che il famoso disegnatore non approvava le insistenti caricature di Maometto: «Siamo degli incoscienti e degli imbecilli — avrebbe detto Wolinski —, corriamo un rischio inutile. Tutto qui. Ci si crede invulnerabili. Per anni, decine di anni, si fa provocazione e poi un giorno la provocazione si ritorce contro di noi. Non bisognava farlo». Era il novembre 2011, quando una molotov devastò i locali della redazione dopo una copertina che irrideva alla Sharia: sotto la testata, modificata per l’occasione in «Charia Hebdo», ancora Maometto, «promosso» redattore capo.
Invece, nel settembre 2012, Charb, ragazzo «brillante» ma «testardo», come lo definisce de Ton «l’ha rifatto. Un anno dopo una provocazione che aveva fatto mettere le nostre ambasciate in stato d’assedio nei paesi musulmani». La conclusione è senz’appello: «Ce l’ho davvero con te, Charb. Pace all’anima tua».
L’avvocato Richard Malka, difensore e parte integrante di Charlie Hebdo , ha scritto una lettera di fuoco a Matthieu Pigasse, azionista de L’Obs : «Charb non è stato ancora sotterrato e L’Obs non trova di meglio da fare che pubblicare su di lui un articolo polemico e velenoso». Pronta la risposta del direttore: «Si tratta di un commento — ha obiettato Matthieu Croissandeau —. In un numero tutto dedicato alla libertà di espressione, mi sarebbe sembrato imbarazzante censurare una voce, benché discordante. Tanto più che si tratta della voce di uno dei pionieri di questa banda».
Per Malka, Wolinski non era contrario alla linea di Charb, tanto è vero che partecipava regolarmente alle riunioni di redazione, inclusa quella finita in un massacro.
Wolinski, trascinato nella polemica postuma, è stato sepolto ieri al cimitero parigino Père-Lachaise, accompagnato da una lettera commossa della figlia, Elsa, pubblicata dal femminile Elle : «Papà, sei qui? Mi senti? Da quando sei morto mi dico che devi finalmente sapere se Dio esiste. Tutti t’immaginano in cielo, con delle ragazze nude, mentre te la spassi. Ma io so che cosa stai facendo. Devi aver chiesto una stilo per disegnarti un tavolo, dei fogli e una lampada». La moglie da 46 anni di Wolinski, Maryse, ha parlato invece con l’Humanité : «Georges non andava mai ai funerali. E diceva che non sarebbe andato neanche al suo…».


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