Caso Magherini, carabinieri a processo

Caso Magherini, carabinieri a processo

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FIRENZE . «Via la divisa, in galera!». Le grida rimbombano nel corridoio seminterrato davanti all’aula 12 del palazzo di giustizia. Sono le 15.20 e il giudice Fabio Frangini ha appena deciso che sette persone devono essere processate per la fine di Riccardo Magherini, morto la notte tra il 2 e 3 marzo 2014. I rinviati a giudizio sono quattro carabinieri e tre volontari della Croce Rossa, l’accusa è omicidio colposo. Per alcuni degli amici di “Riky” quella di ieri pomeriggio è già una prima conquista, così sfogano la tensione urlando contro gli imputati principali, cioè i militari. Non dura molto, giusto il tempo che finisca l’udienza e esca il padre di Magherini, Guido. È in lacrime: «Calma, calma — dice mentre con la mano invita tutti ad abbassare la voce — qui non c’è nessuna vittoria. Abbiamo perso Riccardo, non sarà mai una vittoria».
Riccardo Magherini aveva quasi 40 anni quando è morto sul selciato di Borgo San Frediano, nel quartiere dell’Oltrarno. Era un uomo forte, un ex calciatore, ha smesso di respirare all’improvviso mentre veniva tenuto fermo dai carabinieri, con le mani sul torace bloccate dalle manette, la faccia e il petto schiacciati a terra. «Aiuto, sto morendo… muoio», sono state le sue ultime parole, registrate con il cellulare da alcuni testimonidell’arresto. Era fuori di sé, urlava, diceva che qualcuno voleva ucciderlo, entrava nei locali in preda ad una crisi legata verosimilmente all’assunzione di cocaina. Secondo le accuse la sua morte è stata causata proprio dall’intossicazione acuta di quella sostanza ma anche da un “meccanismo asfittico”, come viene definito dal capo di imputazione. Secondo il pubblico ministero Luigi Bocciolini l’arresto in strada con le manette è stato legittimo perché Magherini appariva “violento e incontrollabile”. Ma i carabinieri sbagliarono a tenerlo a terra per 20-25 minuti, schiacciandogli le scapole e le gambe. In quel mondo si sarebbe creata una «situazione idonea a ridurre la dinamica respiratoria». Il 31 gennaio dell’anno scorso il comando generale dell’Arma aveva inviato le istruzioni sugli arresti di persone in stato di agitazione psicofisica per abuso di alcol e droga, ed escludevano proprio di bloccare in quel modo i fermati. Ai volontari della Croce Rossa viene invece contestato di non aver fatto valutazioni dei parametri vitali del fermato e di non aver in qualche modo facilitato la sua respirazione. La difesa sostiene che i volontari furono tenuti a distanza dai carabinieri.
I quattro militari che verranno processati l’11 giugno sono Stefano Castellano, 54 anni, Davide Ascenzi, Agostino Della Porta e Vincenzo Corni, tutti di 37 anni. Solo l’ultimo è anche accusato di percosse, per i calci che avrebbe sferrato a Riccardo quando era già a terra. I tre volontari sono Maurizio Perini, Claudia Matta e Janeta Mitrea, di 49, 33 e 42 anni. «È cristallizzata la responsabilità colposa, quindi non ci sono stati pestaggi né comportamenti dolosi — commenta Francesco Maresca, avvocato dei carabinieri — Siamo sereni, gli imputati erano in aula e hanno accettato il rinvio a giudizio». Commossi i parenti di Riccardo Magherini, anche loro all’udienza. «Faccio appello al presidente della Repubblica perché lo Stato non si sporchi mai più le mani di sangue — dice il fratello Andrea — Speriamo che la legge si riveli davvero uguale per tutti». La moglie, Rosangela Galdino, aggiunge: «Era un padre e un marito perfetto, ogni giorno il nostro bambino chiede di lui. Questo processo lo facciamo per il nostro Brando». L’avvocato dei Magherini, Fabio Anselmo, dice che il processo sarà molto difficile. È lo stesso legale di parte civile delle famiglie di Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva e Stefano Cucchi. E fuori dall’aula ieri c’era anche Ilaria Cucchi che è diventata amica dei Magherini. «Devono essere forti — dice, anche lei commossa — Quello che si sente nelle aule giudiziarie può essere duro. Durante il processo ascolteranno cose sbagliate, non vere su Riccardo. Sono emozionata e commossa come se questa vicenda riguardasse me. Senza l’attenzione mediatica questi casi finirebbero nel nulla. A noi sarebbe accaduto se non avessimo fatto la scelta dolorosissima di pubblicare la foto del corpo martoriato di mio fratello». E alla fine dell’udienza di ieri Andrea Magherini ha srotolato due grandi foto del volto del fratello da morto, pieno di sangue.


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