Le università, i cristiani: i bersagli ultimi della jihad

Le università, i cristiani: i bersagli ultimi della jihad

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L’ attacco al college universitario a Garissa in Kenya è l’ennesimo episodio di un’offensiva jihadista senza sosta contro scuole e università. Educazione e istruzione, specie se su modelli occidentali, sono visti come nemici e avversari da colpire. Ma insieme a ciò, questa volta, si sono colpiti anche i cristiani, proseguendo quella offensiva senza quartiere contro le minoranze religiose.
Le terribili immagini dei bambini uccisi nella scuola di Beslan in Ossezia nel 2004 non sono rimaste purtroppo un caso isolato. Boko Haram ha fatto degli attacchi a scuole e dei rapimenti di studentesse la ragione prima del significato del suo nome, che vuol dire «l’istruzione occidentale è vietata». Gli stessi talebani in Pakistan hanno scelto lo scorso dicembre una scuola a Peshawar per rispondere alla repressione governativa. Nel conflitti siriano e iracheno non sono mancati attacchi deliberati a scuole, di presunti nemici, con decine di morti, spesso bambini. E tra i primi atti del califfo Abu Bakr al Baghdadi vi è stato quello di sancire direttive su scuole e programmi scolastici.
Se l’azione diretta è opera di gruppi jihadisti terroristici, va detto che l’offensiva contro scuole e istruzione vede in prima fila anche le crescenti ostilità ideologiche da parte dell’Islam più tradizionale. Dimenticando la lunga storia medievale islamica, fatta di consuetudine e apprezzamento per ogni forma di sapere, salafiti e tradizionalisti di ogni specie condannano l’idea stessa di un’istruzione non religiosa, aperta, e magari promiscua in ogni senso; promiscua perché spesso non divide tra religioni diverse, mescolando musulmani e cristiani, e neppure mette barriere tra i sessi, aprendo le scuole alle donne. Il premio Nobel Malala Yousafzai fu del resto attaccata e ferita dai talebani per la sua tenacia nel voler continuare a studiare. La netta condanna dell’istruzione femminile accomuna jihadisti dalla Nigeria al Pakistan ed è sempre contro donne e libertà nelle università che a più riprese gruppi salafiti nella laica Tunisia hanno protestato e chiesto di reintrodurre il velo.
Ora gli Shebab proseguono in questa scia di sangue colpendo in un colpo solo in più direzioni: il governo kenyota, un centro di istruzione non tradizionale e dei cristiani, scelti tra tutti e uccisi. È, questo, l’ennesimo capitolo di una tragedia che li accomuna ormai in gran parte dei paesi islamici, dove i cristiani stanno lentamente scomparendo. Una lista degli attacchi, anche solo degli ultimi anni, sarebbe lunghissima. Visti non più come una parte della storia delle stesse società islamiche, ma come un residuo coloniale, o un nemico interno filo-occidentale, i cristiani del mondo islamico assistono senza speranza ad eccidi e attacchi contro chiese, scuole e villaggi, sparsi dalla Nigeria al Kenya e fino al Pakistan. Per non parlare della progressiva scomparsa di quelle numerose e variegate comunità cristiane tra Siria e Iraq, ben più antiche della conquista musulmana del VII secolo e che non possono certo vedersi come «stranieri» nella terra dove vivono da millenni. L’attacco è contro di loro e quei musulmani che con loro si mescolano.
Ma vi è un aspetto ancor più sinistro, con un valore simbolico ancora più significativo, in questi attentati. Essi mostrano una realtà di terribile competizione e lotta sul futuro della gioventù dei paesi islamici. In paesi in cui la maggioranza della popolazione ha meno di trent’anni, la scuola è il luogo di formazione del futuro di tutte le nazioni musulmane e di ciò che guiderà il mondo islamico nei prossimi decenni. Lo sanno bene i jihadisti, fin dalla scelta dei loro nomi. Non solo Boko Haram, ma anche gli altri nomi sono non meno evocativi. Shabaab vuol dire giovani, gioventù, e Taliban significa «studenti», perché le loro fila furono irrobustite dai ranghi dalle rigide scuole coraniche del Pakistan. Nessun obiettivo potrebbe quindi essere più sensibile e ricco di conseguenza. Il jihadismo di ogni dove sa che nell’istruzione e nelle vecchie istituzioni, più aperte, che sopravvivono in molti paesi vi sono i semi di future opposizioni e visioni diverse. Insieme all’eliminazione sistematica
delle minoranze come i cristiani, delle altre sette musulmane e dei musulmani laici o moderati, colpire le scuole è colpire il luogo dove tutto ciò può rinascere e convivere, come in un tempo non troppo lontano.
Roberto Tottoli


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