Atac, scandalo infinito “Cinque anni di appalti senza fare le gare”

Atac, scandalo infinito “Cinque anni di appalti senza fare le gare”

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ROMA. Il redde rationem con il più colossale incubatore di corruzione e sperpero di denaro pubblico che la città abbia mai conosciuto nella storia repubblicana è cominciato. Ieri mattina, con uno documento di quattro cartelle firmato dal suo presidente Raffaele Cantone, l’Autorità nazionale Anticorruzione ha contestato all’Atac — la municipalizzata dei trasporti — l’affidamento senza gara di oltre il 90 per cento dei 2 miliardi e 200 milioni di appalti chiusi tra il 2011 e il 2015 per forniture, lavori e servizi, invitando l’azienda a giustificare entro i prossimi 30 giorni le ragioni di questa macroscopica anomalia. Per una cifra che è appunto non solo difficile da immaginare. Ma è fuori da ogni prassi di governance di aziende pubbliche, oltre che di buon senso, se si considera che il bilancio annuale dell’intero comune di Roma nel 2015 è stato di 5 miliardi di euro. «Si intende accertare — si legge nel documento dell’Anac — la regolarità nell’utilizzo della procedura negoziata (senza gara, ndr), cui le disposizioni vigenti attribuiscono carattere di eccezionalità imponendo adeguate motivazioni e la corretta applicazione del dettato normativo relativamente all’individuazione dell’importo stimato dell’appalto ed al conseguente legittimo ricorso ad affidamenti in economia».
Detto altrimenti, si vuole accertare chi, perché e in forza di quale discrezionalità ha trasformato l’eccezione (l’affidamento senza gara) di per sé antieconomica e per questo possibile solo in nome della “somma urgenza” in regola. E la regola (l’appalto con gara pubblica) in eccezione. Per giunta, nell’assoluta acquiescenza e continuità tra la giunta Alemanno e i due anni di giunta Marino. Perché se è vero che tra il 2011 e il 2013 la percentuale di appalti affidati senza gara da Atac è stata del 99,9 e del 99,3 per cento, con il cambio di maggioranze, gli spostamenti sono stati impercettibili. Nel 2013, 97,7 per cento, nel 2014, 87,5, quest’anno l’84,27.
L’ASSESSORE “ROMPICOGLIONI”
L’iniziativa di Cantone è figlia dello sviluppo fulmineo attraverso la banca dati degli appalti pubblici dell’esposto che, la scorsa settimana, l’assessore uscente ai trasporti e senatore torinese del Pd Stefano Esposito aveva inviato all’Anac sollecitandola a mettere il naso in quel pozzo nero su cui aveva avuto il privilegio di affacciarsi per non più di 70 giorni.
Accolto come la peste dalla dirigenza della municipalizzata, peggio, come un «pericoloso rompicoglioni sabaudo» (così era stato gratificato dal ventre molle dell’Azienda), Esposito, a fine settembre, aveva preso atto delle dimissioni contemporanee dell’amministratore delegato Paolo Broggi e del direttore generale Francesco Micheli. Il primo per il ritardo nella chiusura del bilancio 2014. Il secondo perché insofferente «dell’eccessiva ingerenza dell’assessore» e «convinto che l’Azienda sia irrecuperabile ». Ma, soprattutto, Esposito aveva fatto quello che, a quanto pare, nessun assessore prima di lui aveva fatto. Quando in estate l’Azienda aveva battuto cassa con il Comune ottenendo 178 milioni per evitare di portare i libri in tribunale e 50 per assicurare l’operatività, si era permesso di cominciare a chiedere carte, spiegazioni sulla governance di un’azienda da 12mila dipendenti con un debito consolidato di oltre mezzo milione di euro. 350 milioni verso i fornitori e 150 verso le banche. Si era permesso di chiedere conto della messe di anonimi su carta intestata dell’Azienda che denunciavano malversazioni, corrutte- la. E che, ieri, lo stesso Esposito ha consegnato al Procuratore Giuseppe Pignatone perché vadano ad alimentare il materiale istruttorio su cui la Procura della Repubblica sta già lavorando da quasi due anni. E che promette di aprire una nuova Tangentopoli. Come del resto dice senza tartufismi l’ex assessore. «Mi hanno raccontato che il giorno in cui ho presentato le mie dimissioni da assessore ed è caduta la giunta, qualcuno in Atac abbia brindato. Bene, gli consiglio di rimettere in ghiaccio lo champagne. Quanto al dato spaventoso che emerge oggi dal rapporto dell’Anac dico che la magistratura penale farà il suo corso, nei tempi e nei modi previsti dalla legge. Ma che la politica ha il dovere di dire subito una cosa. Chiara come il sole. Nessuna azienda al mondo, pubblica o privata, è stata gestita come Atac. Ed è compito della politica scoprire perché questo è accaduto, chi ne è responsabile e in forza di quale inconfessabile scambio. Insomma e senza starci a girare intorno, prevedo che il Pio AlbergoTrivulzio di Mario Chiesa tra qualche mese rischierà di apparire rispetto ad Atac un collegio per lattanti».
IL VAGITO DELL’AZIENDA
Come una barca senza timoniere, Atac affida a sera, con un comunicato alle agenzie di stampa, la laconica replica all’Anac. «Atac — si legge — segnala che le procedure negoziate senza pubblicazione di bando sono previste dal Codice dei Contratti Pubblici e vengono di norma effettuate per importi al di sotto della soglia di rilievo comunitario, attraverso l’utilizzo dell’Albo Fornitori aziendale, periodicamente pubblicato con avviso nazionale, che presenta 1800 categorie merceologiche con 2930 operatori iscritti. Contrariamente a quanto riportato, oltre il 90% del valore degli acquisti aziendali viene svolto tramite gare di appalto telematiche, come del resto rilevato dalla stessa Autorità nella Nota oggi pervenuta. Atac, come di consueto, fornirà all’Autorità tutte le informazioni richieste nei tempi stabiliti, certa di poter rappresentare la coerenza dei comportamenti aziendali alle vigenti disposizioni di legge». Poco più che un vagito che gira alla larga dal cuore della questione. L’eccezione (l’assenza di gara) trasformata in regola.
IL RISCHIO DI CRAC
Del resto, la partita, a questo punto, è terminale. E non contempla prigionieri, a maggior ragione con un immediato futuro che vedrà l’Azienda orfana della Politica, di cui è sempre stata tasca e stanza di compensazione (parentopoli docet). Peggio, con un’udienza fissata il 18 novembre in cui la magistratura civile sarà chiamata a dare esecuzione alla sentenza di appello con cui Atac, in solido con il Comune, è stata condannata a risarcire 122 milioni di euro alla concessionaria “Tpl” per un contenzioso che risale agli anni della giunta Alemanno. Soldi che non hanno in bilancio né Atac né il Comune. E che potrebbero essere il colpo di grazia.


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