Via libera al pm Rossi Csm:“È sereno, proceda non c’è incompatibilità”

Via libera al pm Rossi Csm:“È sereno, proceda non c’è incompatibilità”

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 L’assoluzione definitiva e cartacea per Roberto Rossi arriverà l’11 gennaio, «all’unanimità », come ci tiene a sottolineare già ora Renato Balduzzi, il presidente della prima commissione del Csm che ieri ha torchiato per due ore il procuratore di Arezzo. Che esce dall’audizione di fatto libero dalla minaccia di un possibile trasferimento d’ufficio. Semmai, dice l’ex pm anticamorra Antonello Ardituro, «il Csm deve stare attento, senza cadere nelle trappole, a spostare un magistrato che sta facendo un’indagine delicata». Tuttavia, fino all’11 gennaio, il relatore Piergiorgio Morosini, l’ex gip del caso trattativa Stato-mafia ed ex segretario di Md, spulcerà le relazioni di Bankitalia sul caso dell’Etruria chieste per verificare se Rossi dice proprio la verità su Pier Luigi Boschi, il vice presidente della banca finora rimasto fuori dall’inchiesta giudiziaria. Quando lo chiedono espressamente a Rossi, lui non si sottrae e dà pure una notizia: «Bankitalia ha avanzato una procedura sanzionatoria nei confronti del consiglio di amministrazione di Banca Etruria, Boschi compreso. Ma per apprezzare, in senso penalistico, gli elementi della procedura amministrativa, devo conoscere le cause di insolvenza della banca, su cui è in arrivo la relazione del liquidatore ». Fuori dal linguaggio tecnico significa che, quando arriverà quel rapporto, Rossi avrà gli elementi per decidere se indagare o meno anche il padre del ministro Maria Elena. Morosini insiste: «E allora Boschi?». Rossi: «Sono in attesa ». Chiede Pierantonio Zanettin, il laico di Fi che ha fatto aprire la pratica sul procuratore: «Esisteva davvero un direttorio ombra in Banca Etruria?». Rossi: «Non ne ho traccia negli atti».
Emerge con forza nell’audizione che nel caso Rossi c’è un altro protagonista, Boschi padre appunto, e che tutta la vicenda dell’incarico a palazzo Chigi del magistrato di Arezzo batte su quell’iscrizione nel registro degli indagati, che finora non c’è, ma che potrebbe anche saltar fuori in futuro.
Un fatto è certo. Il caso del conflitto d’interesse tra incarico a palazzo Chigi e inchiesta «non esiste », come dice Balduzzi. Aggiunge l’ex ministro: «Ci ha convinto con risposte esaurienti, ora non dobbiamo intralciare le indagini, per lui non ci sono incompatibilità, semmai bisogna tutelarlo». Morosini: «Lineare, mai contraddittorio, assolutamente limpido, ha risposto con pacatezza su tutto ». Zanettin: «Un po’ lunare, un po’ pasticcione, non si rende conto, ma è in buona fede».
Ecco domande e risposte. Gli chiedono dell’incarico di consulente giuridico con il governo. «Non ho mai avuto contatti politici, né col presidente del Consiglio, né coi ministri. A propormi l’incarico fu Carlo Deodato, capo dell’ufficio legislativo di palazzo Chigi, con cui avevo lavorato a Grosseto dove lui era giudice e io pm». Perché ha accettato? «Perché ritenevo che potesse arricchire il mio curriculum per diventare procuratore». Perché il 29 luglio 2013, quando fa la richiesta, dice di non avere cause di incompatibilità e poi non dà più quest’assicurazione? «In quella data l’inchiesta su Banca Etruria non c’era. La prima sommaria relazione degli ispettori di Bankitalia è del settembre 2013. L’iscrizione del gennaio 2014». A marzo le prime perquisizioni. Ma, dice Rossi, «non c’era alcuna incompatibilità, perché il governo non era coinvolto nelle indagini e io non ero coinvolto col governo». La proroga? «Era automatica, l’ha chiesta palazzo Chigi, io ho solo confermato con una mail (5 novembre 2014, ndr.) ». Che lavoro ha fatto per palazzo Chigi? Rossi deposita una paginetta in cui annota i pareri dati. «Decreto sulle confische, decreto sugli illeciti penali tributari, ddl di riforma del processo penale, ddl sulla depenalizzazione, ddl sui reati finalizzati ad alterare le gare sportive, decreto legislativo sul lavoro nero in agricoltura». È stato pagato, e quanto, dal governo? «La consulenza era gratuita salvo un rimborso forfettario, che io non ho mai chiesto, né percepito. Ho speso solo 80 euro di tasca mia per dei biglietti di treno». La foto che la ritrae col ministro Boschi in un convegno? «Era organizzato dal prefetto di Arezzo e sarebbe stato per me scortese non andare. C’era anche il procuratore di Firenze Creazzo. Il ministro è arrivato, ha parlato, e se n’è andata. Non c’è stato neppure un momento conviviale». Perché lei è l’unico titolare dell’inchiesta su Banca Etruria? «Nel contesto di una piccola realtà come Arezzo si tratta di un’indagine che comporta una forte esposizione, quindi il capo dell’ufficio se ne deve fare carico. Ma sto organizzando un pool per far fronte alle future e numerose richieste di risarcimento ». Ne sono arrivate 2, ma se ne calcolano 1.200 in arrivo.


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