Quella voce che scuote la coscienza della Sinistra

Quella voce che scuote la coscienza della Sinistra

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“A VOLTE resistere significa restare, a volte significa andare via. Per fedeltà verso se stessi, verso di noi. Per dare l’ultima parola all’etica e al diritto». Il tweet che Christiane Taubira ha diffuso dopo l’annuncio delle sue dimissioni dalla carica di ministro della Giustizia è molto interessante. Innanzitutto ribadisce il senso della formula di questa donna politica, la sua arte della comunicazione, la cura con cui sceglie le parole, qualità di cui aveva già dato prova durante i dibattiti parlamentari e pubblici sulla legge del Matrimonio per tutti, che aveva difeso con le unghie e con i denti dagli attacchi spesso violenti dei suoi detrattori. Dopodiché, e soprattutto, ricorrendo alla nozione di resistenza e facendo riferimento alla fedeltà, all’etica e al diritto, con il suo breve testo solleva grandi questioni per la sinistra francese ma anche per tutta la sinistra europea.

Da quando il presidente François Hollande, nel suo solenne discorso del 16 novembre 2015 davanti al Parlamento riunito in Congresso al castello di Versailles, ha annunciato la sua intenzione di proporre la revoca della nazionalità francese ai cittadini con la doppia cittadinanza, nati in Francia e colpevoli di reati terroristici, a sinistra impazza la polemica, specialmente tra i socialisti e i loro alleati.

La guardasigilli era ostile al provvedimento e ha fatto di tutto per manifestarlo all’interno del governo ma ha anche rilasciato qualche dichiarazione pubblica o, viceversa, ha fatto ricorso a silenzi pesanti ed eloquenti, per opporsi e far conoscere la propria posizione. Christiane Taubira, militante indipendentista della Guyana, molto sensibile alle condizioni delle minoranze, specialmente di colore, della Repubblica francese, non è mai stata membro del Partito socialista. È stata perfino candidata alle presidenziali del 2002 per il piccolo partito radicale di sinistra: insieme con altri fattori, il suo pessimo risultato, 2,32%, aveva contribuito a escludere dal secondo turno il socialista Lionel Jospin. Nel governo di Manuel Valls, Christiane Taubira incarnava la sensibilità della sinistra della sinistra. Una sinistra della sinistra presente sia dentro sia fuori dal Partito socialista, che critica incessantemente la politica di rigore economico propugnata dal presidente della Repubblica e dal primo ministro, gli orientamenti dell’Unione Europea, e ora fustiga la politica di sicurezza portata avanti dall’esecutivo dopo i sanguinosi attentati di Parigi dello scorso novembre. Questa sinistra qui si proclama fedele a dei principi che considera intoccabili. Pur dicendo di capire la necessità di assicurare la sicurezza dei cittadini di fronte a una minaccia terroristica sempre presente, insiste sulla necessità di difendere le libertà che potrebbero esserne minacciate e si erige a supremo protettore dei valori repubblicani. La sua lotta rivela quasi alla perfezione i dilemmi storici della sinistra al potere, in Francia come altrove: che fare e che farci? Da un lato una sinistra che pretende di essere realista ed efficace, dall’altro una sinistra che si dichiara morale e idealista. È una controversia vecchia come la sinistra e torna a galla ogni volta che la sinistra ha delle responsabilità concrete. Ma in questo inizio del XXI secolo si svolge in un contesto particolarmente difficile per la sinistra nel suo insieme, poiché, priva del tradizionale appoggio delle classi popolari, in preda a una profonda crisi ideologica, spogliata di ogni minima narrativa mobilitatrice, è dappertutto sulla difensiva davanti all’ondata di crescita dei populismi. Lasciare che la spaccatura al suo interno, tra le sue due componenti, si allarghi ancora di più rischia di penalizzare sia l’una che l’altra.

( traduzione di Elda Volterrani)



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