Jo Cox era minacciata Il suo killer un neonazi vicino all’estrema destra

LONDRA. «È stato un attacco alla democrazia, l’ha uccisa una fonte di odio», dice il leader laburista Jeremy Corbyn, deponendo corone di fiori sul luogo dell’assassinio insieme a David Cameron. E la fonte di odio, il giorno dopo la tragica morte di Jo Cox, assume un’identità precisa. A casa di Tommy Mair, l’inglese 52enne che le ha sparato, la polizia trova insegne, stemmi e letteratura nazista. Il materiale conduce ai rapporti che l’uomo ha avuto con National Alliance, gruppo suprematista e antisemita americano: salta fuori la ricevuta con cui ha acquistato un manuale per fabbricarsi da solo una pistola. Le indagini scoprono un abbonamento a Patriot, rivista pubblicata da un movimento pro-apartheid sudafricano che si oppone «alle società multiculturali e all’espansione dell’Islam». Ed emerge un suo legame con Springbok Club, associazione britannica di estrema destra, sul cui sito qualcuno ha commentato così l’omicidio della parlamentare: «Uno abbattuto, 649 da abbattere», allusione ai 650 membri della camera dei Comuni. “Britain first”, la sigla xenofoba invocata da Mair durante il suo assalto omicida, prende le distanze. Jo Cox, tra l’altro, aveva ricevuto diversi messaggi di minacce negli ultimi di tre mesi. Un uomo era stato arrestato a marzo, ma non si trattava di Mair.
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