CPR di Torino: «L’urlo di Moussa Balde ha superato mura e sbarre»

«L’urlo che ha lanciato Moussa Balde togliendosi la vita ha superato mura e sbarre del Cpr di Torino», ha detto ieri l’avv. della difesa Gianluca Vitale, in conferenza stampa alla Camera. Non capita spesso quando muore un migrante, un «clandestino», che l’attenzione pubblica superi il tempo di un tweet indignato. Con Balde, il ragazzo aggredito a Ventimiglia e trasferito dall’ospedale al Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr), forse è accaduto qualcosa di diverso: la rete No Cpr si è mobilitata due volte davanti al centro; gli avvocati di Asgi hanno manifestato il 4 giugno in piazza Castello; Nicola Fratoianni (LeU) ha presentato un’interrogazione parlamentare alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese il 9 giugno; il 23 del mese si è tenuta una preghiera interreligiosa con autorità cittadine. È stata organizzata una raccolta fondi per riportare la salma a casa, in Guinea.
IERI, POI, «Il Libro nero del Cpr di Torino» pubblicato da Asgi a inizio giugno è giunto a Roma. «Questa conferenza stampa serve a dare attenzione al testo all’interno del parlamento, la sensibilità alle violazioni dello stato di diritto che avvengono nei Cpr è insufficiente», ha affermato Riccardo Magi (+Europa). Durante l’incontro sono state denunciate le problematiche specifiche del Cpr piemontese, ma anche quelle più ampie del sistema di detenzione amministrativa.
La pubblicazione di Asgi è un piccolo libro degli orrori che assembla storie e voci dei reclusi: quella di Hossain Faisal, morto l’8 luglio 2019 dopo quasi 5 mesi di isolamento; quelle di chi per protesta ingoia lamette e pile, si frattura gli arti, si cuce le labbra; di chi è malato di leucemia ma riesce a ottenere un esame medico solo 49 giorni dopo l’inizio della detenzione; oppure di chi finisce in isolamento nelle «celle di sicurezza» non ufficiali o all’«Ospedaletto», che i giuristi ritengono luoghi illegali e il Garante nazionale dei detenuti ha chiesto di chiudere.
È PROPRIO all’Ospedaletto che è deceduto Balde. L’autopsia ha confermato l’ipotesi della morte autoinflitta, ma nel corso delle indagini il capo di accusa è cambiato: da istigazione al suicidio a omicidio colposo. Nel registro degli indagati, per ora, sono iscritti direttrice e responsabile medico del Cpr. Sembra che le indagini della Procura torinese non si stiano limitando alla vicenda singola, ma stiano passando sotto la lente tutto il funzionamento del centro di detenzione.
Al 24 giugno erano rinchiusi nei Cpr italiani 452 migranti, tutti uomini (su 786 posti). Lo ha detto ieri Daniela De Robert, membro del collegio del Garante nazionale dei detenuti. De Robert ha sottolineato come negli anni la media dei migranti transitati nei Cpr e poi espulsi resti intorno al 50%. Vale anche per i 4.387 reclusi del 2021. La detenzione amministrativa, quindi, nella metà dei casi risulta ingiustificata perfino in base alla funzione che le attribuisce la legge: il rimpatrio. Come nel caso di Balde visto che, ha ricordato De Robert, «nessuno è stato espulso in Guinea negli ultimi anni». L’avv. Lorenzo Trucco, presidente Asgi, ha definito i Cpr «uno squarcio nel nostro sistema di diritto».
* Fonte: Giansandro Merli, il manifesto
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