Stato-Regioni. Il ministro Calderoli presenta la secessione dei ricchi

Stato-Regioni. Il ministro Calderoli presenta la secessione dei ricchi

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Le bozze della proposta agli enti locali, Regioni divise:«Spacca il paese» dicono al Sud. La carica dei leghisti, l’imbarazzo di Fratelli d’Italia. Le distinzioni dei governatori Pd. Cgil: «Inaccettabili diseguaglianze»

 

«Sono solo appunti di lavoro». Così Roberto Calderoli ha presentato ieri alla conferenza Stato-Regioni il suo progetto di «autonomia differenziata». Il ministro agli Affari regionali e all’«autonomia», cioè il pomo della discordia, ha vestito i panni del diplomatico che cerca di presentare la nascita di regioni con estesissimi poteri e capacità di spesa superiori alle altre (la Lombardia e il Veneto rispetto alla Calabria, alla Puglia o alla Campania) come una (in)credibile opportunità per tutti. «Non c’è una spaccatura tra Nord e Sud – ha detto – C’è una paura del Sud che qualcuno si avvantaggi a svantaggio loro. Mi auguro che tutti possano avere un vantaggio, piccolo o grosso, da questa riforma».

PRIMA DEL TESTO «provvisorio» di Calderoli Lombardia, Veneto e Emilia Romagna hanno già chiesto competenze vastissime e a strappare maggiori risorse finanziarie possibili, contenute solo per scuola e sanità per quanto riguarda quest’ultima. Ieri il presidente Stefano Bonaccini lo ha ribadito sottolineando la necessità di fissare prima i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), i fabbisogni standard e la spesa storica, «e poi il coinvolgimento del Parlamento».

IN QUESTA CORNICE si muove il presidente pugliese Michele Emiliano, ieri ha incontrato i gruppi parlamentari del Pd, secondo il quale «prima proponevano la secessione, poi il federalismo fiscale, ora l’autonomia differenziata, non è che possiamo dire che ci fidiamo con certezza. È necessaria una legge cornice che stabilisca quali possono essere le materie oggetto d’intesa. È escluso ad esempio che scuola, energia o trasporti possano esser oggetto di una delega alla Regioni. Il rischio è quello di una Babele».

PER IL TOSCANO GIANI (Pd) invece «l’autonomia differenziata va letta non come un problema di risorse che competono tra Nord e Sud creando squilibri, dobbiamo leggerla come un’Italia che dà in alcune Regioni che hanno un maggiore profilo di competenza su una materia – in Toscana beni culturali e geotermia – una specificità nella competenza e nell’azione della Regione».

I LEGHISTI sono carichi come pile elettriche. Per loro è la partita della vita. E giocano al rovesciamento del senso politico dell’operazione. «Il progetto è costituzionale: chi è contro l’autonomia è contro la Costituzione» ha detto il veneto Zaia infilando il coltello nella piaga: il Titolo V della Costituzione riformato dal «centro-sinistra». Il friulano Fedriga sostiene che la «leale collaborazione» del governo con le regioni e ha rilanciato la lettura dell’«identitarismo differenziale» del presidente della Camera Fontana: «Valorizzare la ricchezza delle nostre diverse identità è il futuro del nostro paese». Così le destre leghiste mascherano la «secessione delle regioni ricche» ai danni di quelle del Sud. Ma non tutte le regioni di queste destre sono allineate. Prendiamo il forzista Roberto Occhiuto, presidente della Calabria, che parla di « diritti uguali per tutti» e «si archivi l’ingiusto criterio della spesa storica per finanziare questi diritti».

NEL MEZZO si trova il partito di maggioranza Fratelli d’Italia che in passato ha proposto una riforma costituzionale (XVII legislatura) che sopprimeva «ogni forma di specialità regionale». «[La] presidente Meloni ha parlato di Autonomia parallelamente alla riforma presidenziale che gli italiani invocano e che darebbe modernità alla nostra nazione» ha ricordato Alfredo Antoniozzi (Fdi). In pratica, il progetto della devastazione completa dell’impianto costituzionale. Fuori dai Palazzi c’è tutto un mondo in ebollizione. Il sindacato dei medici dirigenti Anaao Assomed, per esempio, si è detto «attonito, la bozza del Ddl è preoccupante, no alla frantumazione del sistema sanitario nazionale». «Bisogna ridurre le inaccettabili diseguaglianze già esistenti e i divari territoriali sempre più ampi – sostiene la Cgil – L’autonomia differenziata va, invece, in direzione opposta».

* Fonte/autore: Roberto Ciccarelli, il manifesto



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