IL MINISTRO DEGLI INTERNI, Gérald Darmanin, ha piazzato 15mila agenti delle forze dell’ordine per cercare di evitare il blocco di Parigi: l’ordine è di rispettare la «legittima collera» degli agricoltori, ma non tollerare derive violente. Oggi, ha promesso la portavoce del governo, Prisca Thevenot, saranno annunciate «nuove misure» quando il primo ministro, Gabriel Attal, presenterà al parlamento la “politica generale” del suo governo.

Ieri pomeriggio, i presidenti della Fnsea e dei Jeunes Agricolteurs, Arnaud Rousseau e Arnaud Gaillot, sono stati ricevuti a Matignon. Per anni, l’agricoltura in Francia è stata di fatto cogestita con la Fnsea, che difende soprattutto gli interessi dell’agro-business dei produttori di cereali. Giovedì, Emmanuel Macron discuterà di agricoltura con la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, a margine del Consiglio europeo straordinario a Bruxelles dedicato allo sblocco dei finanziamenti all’Ucraina per i prossimi 4 anni, bloccati al vertice di dicembre dall’Ungheria. Altri capi di governo potrebbero partecipare all’incontro, anche perché la protesta degli agricoltori si diffonde in Europa, ieri ci sono state manifestazioni in Belgio, in Germania l’agitazione continua.

GLI ANNUNCI di domenica scorsa del primo ministro, malgrado l’offerta di “prove d’amore” alla categoria, non hanno convinto. Attal ha ceduto ad alcune richieste degli agricoltori: ha annullato l’aumento di qualche centesimo delle tasse del gasolio per l’agricoltura (e adesso il settore dell’edilizia chiede la stessa cosa), ha annunciato versamenti rapidi della Pac (i fondi della Politica agricola comune) e più controlli sull’industria alimentare per il rispetto della legge EGalim, che prevede di pagare il giusto per i prodotti agricoli, e si è impegnato a semplificare le norme, che significa di fatto accettare passi indietro sulla protezione ambientale e della salute.

Gli agricoltori non sono soddisfatti: hanno presentato più di un centinaio di richieste al governo, chiedono che venga abolito l’obbligo di mettere a riposo il 4% delle terre a rotazione, chiedono libertà di usare i pesticidi, denunciano l’assenza di reciprocità sulle norme dei prodotti di importazione, anche all’interno della Ue (ci sono stati attacchi a camion con prodotti spagnoli, italiani, rumeni). Eppure la Francia è il primo beneficiario della Pac, 9 miliardi l’anno, ma con grosse differenze tra produttori (il reddito dei circa 400mila agricoltori francesi è in media di 56mila euro l’anno, ma si va da 124mila degli allevatori di suini ai 19.800 di quelli di ovini).

IL GROSSO OBIETTIVO è bloccare la firma degli accordi di libero scambio internazionali della Ue: la Francia ha già fatto sapere che si oppone a quello con il Mercosur. Ma la protesta generale è contro le norme di protezione dell’ambiente e contro il Green Deal.

LA CONFÉDÉRATION PAYSANNE, che difende un’agricoltura attenta all’ambiente, chiede misure di cambiamento del modello, che risale agli anni ’60, quando il generale De Gaulle aveva voluto la sovranità alimentare della Francia favorendo l’agro-business. Raphaël Gluksmann, di Place Publique e capolista del Ps per le elezioni europee, chiede «più Europa» per uniformare le norme all’interno della Ue e propone una nuova riforma della Pac, con «misure-specchio» con i paesi terzi nei trattati di libero scambio (cioè eguali regole, ma ci sono problemi con la Wto, la Ue può essere accusata di protezionismo mascherato). Gli ecologisti cercano di non perdere terreno e si dichiarano solidali, mentre un sondaggio rivela un sostegno all’80% della protesta degli agricoltori.

* Fonte/autore: Anna Maria Merlo, il manifesto