Egitto, arrestati Mubarak e i figli nuovo infarto per il vecchio raìs

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IL CAIRO – Non c’è nessuno che manifesti gioia alla notizia dell’arresto di Hosni Mubarak e dei suoi figli Alaa e Gamal. Non si odono urla per chiedere vendetta né strepiti che invochino castighi divini. Ma in piazza Tahrir ripetono tutti la stessa parola, come fosse un nuovo leitmotiv: «Giustizia!». Nel luogo dove un paio di mesi fa si radunavano folle oceaniche, si contano sì e no un centinaio di persone. Sembrano curiosi, manifestanti per caso. «E adesso, che siano processati», rispondono mestamente quando gli si chiede che cosa si aspettano da questi arresti eccellenti. Un vigile ampio come un armadio disperde svogliatamente i capannelli di gente che intralciano il traffico convulso delle sette di sera. Nell’aiuola al centro della piazza c’è perfino un giardiniere, che con un rastrello spande letame attorno a un alberello striminzito. La sola che ostenta astio nei confronti della famiglia Mubarak è Om Tamer. Un livore forse comprensibile, poiché la donna ha perso il figlio ventenne negli scontri che al Cairo misero fine l’11 febbraio scorso al trentennale regime di Mubarak. Dice la signora Tamer: «La prigione non mi basta, voglio che siano impiccati a piazza Tahrir. E’ la giusta punizione che meritano gli assassini del mio Mohammed». Ma la minaccia che grava sul presidente deposto non è la forca, quanto i capricci del suo cuore, che nelle ultime ore s’è fermato due volte. Se nel pomeriggio l’agenzia Mena aveva definito le condizioni dell’ex rais «instabili», il team medico che la Procura ha inviato all’ospedale internazionale di Sharm El Sheik dove l’ex presidente è da due giorni ricoverato in terapia intensiva ha riferito che il suo stato è invece «stabile». Quest’ultimo referto potrebbe consentire il trasferimento in un altro ospedale, militare stavolta, dove l’ex presidente dovrà  trascorrere i quindici giorni di custodia cautelare decisi ieri dal procuratore generale. «Dicono che il primo infarto l’abbia colpito durante l’interrogatorio a cui è stato sottoposto e il secondo quando ha saputo del fermo dei suoi figli», spiega un signore con una mazzetta di giornali sottobraccio. «In realtà , il suo cuore ha cominciato a fare le bizze quando re Abdallah gli ha negato l’esilio a lui e alla sua famiglia in Arabia Saudita». Il provvedimento contro Mubarak è stato adottato dalla Procura nel quadro di un’inchiesta per corruzione e per gli abusi nella repressione contro i manifestanti durante le rivolte di gennaio e febbraio. La stessa misura è stata presa nei confronti dei suoi due figli, i quali ieri sono entrati con le manette ai polsi nel penitenziario di Tora, un carcere a cinque stelle che già  ospita altre personalità  di rango del defunto regime. Al loro arrivo, Alaa e Gamal, il manager e il politico, sono stati contestati e derisi dagli altri detenuti. I due giovani Mubarak, che fino all’inizio dell’anno erano convinti di avere in mano il futuro dell’Egitto, hanno dovuto lasciare all’ingresso abiti civili, cellulari e portafogli: in cambio hanno avuto quattro coperte, due materassi e quattro lenzuola. Secondo Manal Abu al Hasan, docente universitario ed esponente dei Fratelli musulmani, la decisione di porre agli arresti i Mubarak è stata coraggiosa e audace. «Conferma la fiducia del popolo egiziano nei confronti dell’esercito e della Procura. Ora è però necessario fissare con urgenza la data del giudizio», ha aggiunto. «È questo un primo epilogo della richiesta avanzata dalla piazza venerdì scorso, quando centinaia di migliaia di persone hanno nuovamente invaso piazza Tahrir per chiedere che i vertici del vecchio regime venissero sottoposti a giudizio rapidamente. Adesso chiediamo che il processo si svolga in pubblico». Al Hasan ha anche avvertito che per sostenere il processo nei confronti dell’ex presidente domani scenderanno in piazza altri giovani. E che saranno più di un milione. Ieri, intanto, come per sedare gli animi di un popolo sempre più timoroso che la rivoluzione gli venga scippata da sotto al naso, la Procura del Cairo ha anche ascoltato l’ex first lady Suzanne Mubarak. La donna è stata sentita in ospedale, al capezzale del marito, a proposito delle accuse di malversazione dei fondi della biblioteca di Alessandria. Sostiene uno dei manifestanti di piazza Tahrir: «Anche se la salute di Mubarak dovesse riprendersi, e le accuse dovessero cadere certo il suo clan non potrà  più recuperare il dominio della politica e dell’economia egiziane». Ma a molti egiziani questa certezza non basta.


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