Il caso Milanese si allarga e per la terza volta la Procura vuole interrogare Tremonti

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NAPOLI – Quante sono le talpe interne alla Guardia di Finanza che “lavorano” al servizio del potere politico? E quanti i politici a cui arrivava denaro in cambio di avvertimenti su intercettazioni e indagini in corso? Mentre la Procura di Napoli prova a tirare le fila del vasto grumo di corruzione emerso dall’inchiesta a carico del deputato Pdl e braccio destro di Tremonti, Marco Milanese, si profila all’orizzonte l’ipotesi di un nuovo interrogatorio al ministro Giulio Tremonti, il terzo, sempre come teste.
Una notizia che potrebbe avere ripercussioni sui mercati ma che al tempo stesso torna a scuotere la fragile coesione della maggioranza e il Pdl, ormai alle prese con il caso dei due deputati a rischio di arresto, da domani all’esame della Giunta per le autorizzazione della Camera. Dopo la vicenda dell’ex magistrato Alfonso Papa, il parlamentare travolto dai suoi rapporti con il piduista faccendiere Luigi Bisignani e da un presunto giro di tangenti, ora si allarga lo scandalo Milanese. Relatore nella Giunta per le autorizzazioni della richiesta di arresto per Milanese (accusato di corruzione, rivelazione del segreto d’ufficio e associazione a delinquere) sarà  Luca Paolini, della Lega, nominato dal presidente della Giunta, Pierluigi Castagnetti (Pd).
La richiesta per Milanese sarà  esaminata a partire da mercoledì, dopo il voto sulla richiesta di custodia cautelare per Papa. Ma il Pdl si riunisce stasera per provare a chiedere, domani, in Giunta, l’esame di tutti gli atti a carico di Papa: con l’obiettivo di dilatare i tempi, far saltare l’agenda e ricompattare le fila a copertura del doppio scandalo che semina paure e ispira blindature di casta. Chi potrebbe scommettere – è infatti opinione diffusa – che concedere l’autorizzazione agli arresti non aprirebbe la strada a sorprendenti collaborazioni?
Il pm Vincenzo Piscitelli, con il gip Amelia Primavera, e gli esperti della Digos napoletana, cominciano oggi gli interrogatori degli arrestati nel corso del blitz sul caso Milanese. Saranno ascoltati: a Napoli, il commercialista Guido Marchese che avrebbe versato 100mila euro in cambio di almeno sette incarichi in società  pubbliche, di terzo livello, ottenuti grazie all’intercessione di Milanese; e a Voghera, per rogatoria davanti al gip di quel Tribunale, sarà  interrogato Carlo Barbieri, il sindaco della cittadina, anch’egli destinatario di un’altra nomina.
La mole di accertamenti e deposizioni raccolte dal pm offre il quadro della vasta rete di nomine distribuite in cambio di appalti e potere gestionale, la scoperta di tangenti per un milione di euro, e di fitti d’oro, di case lussuose (una era abitata da Tremonti), perfino di ristrutturazioni fantasma in cambio di commesse pubbliche.
Ora gli inquirenti puntano decisamente alle connivenze interne alla Guardia di Finanza. Proprio in quest’ottica il pm Piscitelli, la cui indagine è destinata a intersecare ancora l’inchiesta sulla P4 condotta dai pm John Woodcock e Francesco Curcio, sta valutando l’ipotesi di ri-ascoltare il ministro Tremonti. Sostanzialmente per due motivi. Sia per approfondire i suoi timori sulla macchina del fango, visto che lo stesso Tremonti riferisce di un suo colloquio con il premier in cui asserisce di non voler diventare obiettivo «di una campagna alla Boffo», e aggiunge di aver raccolto «voci in Parlamento» in tal senso. Sia per chiedere ulteriori ragguagli sulla residenza di Campo di Marzio, 200 metri quadri con salone afferscato, presa in fitto da Milanese e occupata fino a pochi giorni fa, che Tremonti non ha lasciato pur avendo saputo a dicembre dei gravi sospetti che gravavano sul suo più fidato collaboratore.


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