Immigrazione: fuga dal Cie di Roma, continua lo sciopero dei braccianti nel Salento

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“E non è un caso che sia avvenuta due giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale della nuova legge sui rimpatri che porta da 6 a 18 mesi il limite della detenzione nei centri di identificazione e espulsione. La stessa legge che aveva scaldato gli animi dei reclusi, quando lo scorso 29 luglio avevano dato vita a una rivolta dopo il pestaggio di tre reclusi algerini che avevano tentato la fuga. Stavolta però hanno deciso di cambiare strategia. E allo scontro con le forze dell’ordine o agli scioperi della fame, hanno preferito la fuga” – sottolinea Del Grande.

La fuga sarebbe stata preparata da diversi giorni e attuata domenica sera verso le undici, prima della chiusura delle celle. “Il gruppo dei fuggitivi si è scagliato contro la garitta di un militare di guardia, che spaventatosi di fronte al gran numero di reclusi ha lasciato il posto correndo a chiamare rinforzi. Ma quando sono arrivati gli agenti, era già  troppo tardi. I trenta erano già  riusciti a arrampicarsi sul muro di cinta alto cinque metri, proprio a partire dalla garitta. E nonostante qualche tardiva manganellata sono tutti riusciti a saltare fuori dalla recinzione e a far perdere le proprie tracce. Tutti tranne un ragazzo, che dopo aver passato la notte nascosto su un albero per non farsi trovare dagli agenti che per tutta la notte hanno battuto al setaccio i dintorni del Cie, ieri mattina è tornato per chiedere di essere riammesso e di essere rimpatriato” – riporta dle Grande.

Intanto prosegue lo sciopero autorganizzato dei braccianti Nardò nel Salento contro lo sfruttamento sul lavoro: ieri i produttori delle aziende hanno disertato l’incontro convocato in Provincia di Lecce e una rappresentanza di braccianti ha deciso di manifestare in presidio permanente sotto la prefettura di Lecce. I portavoce dei braccianti hanno ribadito con forza il loro disappunto rispetto alle risposte aleatorie che sono arrivate dalle istituzioni locali e regionali e chiedono il rispetto dei punti presentati al tavolo.

Nei giorni scorsi oltre ai diritti calpestati, paghe inconsistenti, ospitalità  in una tendopoli che lascia a desiderare io braccianti avevano denunciato anche “minacce di morte” da parte di alcuni caporali. La Direzione distrettuale antimafia di Lecce sta indagando sullo sfruttamento degli immigrati nei campi di angurie e di pomodori di Nardò.

Gli immigrati negli ultimi mesi ci hanno dato una grande lezione di civiltà , dimostrando che non bisogna avere paura di denunciare i reati e che quando la denuncia diventa corale si stempera ogni rischio. Gli italiani dovrebbero fare lo stesso, mettendo a nudo l’usura, le estorsioni, tutti gli illeciti compiuti dalla criminalità  organizzata. Dovremmo imparare ad avere coraggio, prendere esempio da chi lo ha avuto pur essendo in una condizione di grande debolezza” – ha affermato il Procuratore Cataldo Motta, capo della Dda di Lecce.

Le associazioni ‘Finis Terrae’ e le ‘Brigate di solidarietà  attiva’ hanno intanto promosso anche quest’anno “Ingaggiami contro il lavoro nero”, un campagna che promuove un campo di accoglienza rivolto ai lavoratori stagionali raccoglitori di angurie e pomodoro, a Nardò dal 15 giugno al 30 agosto. E’ all’interno di questa iniziativa e campagna che hanno preso vita gli scioperi autorganizzati dei braccianti e le mobilitazioni di questi giorni. “La campagna rappresenta un punto di partenza per la sensibilizzazione e l’acquisizione dei diritti base dei lavoratori migranti, contro lo sfruttamento del lavoro nero e la logica del caporalato, con iniziative simili a quanto accaduto lo scorso anno durante la stagione estiva a Rimini, con i primi scioperi spontanei dei lavoratori e delle lavoratrici dell’industria turistica emiliano romagnola e a Reggio Emilia sulla questione dello sfruttamento in edilizia” – sottolineano i promotori .

“Dall’introduzione del reato di clandestinità  alla sanatoria truffa del settembre 2009, passando per la spettacolarizzazione delle nuove forme di detenzione, respingimento e confinamento dei migranti e dei profughi a Lampedusa ma anche nei nuovi Cie e Ciet, fino alla frontiera di Ventimiglia, abbiamo assistito per l’ennesima volta ad una risposta feroce del governo a quell’ingovernabilità  dei corpi in movimento, spinti da un alto dal diritto di scelta e dalle rivolte e tumulti nello spazio euromeditterraneo e dall’altro dalla violenza cieca della guerra e dei bombardamenti in Libia” – affermano le Associazioni Rumori sinistri di Rimini Città  Migrante di Reggio Emilia. [GB]


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