Oltre 2 mila miliardi in un solo colpo ecco quanto rende tassare la finanza

Loading

Raccoglierebbe una montagna di soldi: ben oltre 2 mila miliardi di dollari, da utilizzare per qualche buona causa mondiale – come la lotta alla povertà  o al riscaldamento globale – o anche solo per rimpinguare le esauste casse di molti Stati. Potrebbe essere tenuta al minimo, anche allo 0,1 per cento. Renderebbe più trasparenti i mercati che hanno causato la crisi del 2008.
Suggerita da Keynes, ripresa, quarant’anni dopo, dal premio Nobel James Tobin, che le ha dato il nome («Tobin Tax») e rilanciata ancora una volta, dopo altri quarant’anni, da Angela Merkel e Nikolas Sarkozy, l’idea di una tassa sulle transazioni finanziarie incontra una fiera opposizione in molti governi e in quasi tutti gli operatori. Tecnicamente, però, si può fare. Lo dice uno studio appena pubblicato dal Fondo monetario internazionale. Del resto, la applicano, parzialmente, anche governi che oggi si oppongono: Usa e Gran Bretagna sulla Borsa, la Svizzera sulle operazioni fuori Borsa, il Brasile sugli scambi di valuta. Sarebbe possibile realizzarla, dice il Fmi, anche se non venisse applicata contemporaneamente da tutti a livello globale.
Rispetto ai tempi di Tobin, è perfino più facile: i mercati finanziari si sono ingigantiti, ma sono anche più concentrati e la quasi totalità  delle operazioni passa (e viene registrata) via computer.
Il gettito è difficile da quantificare, ma sarebbe imponente. La logica, infatti, è di tassare l’entità  della transazione, non il profitto che se ne ricava. L’aliquota potrebbe essere molto piccola: lo 0,1 per cento, pari ad un dollaro per ogni mille dollari di affare. Da dividere, peraltro, fra compratore e venditore: mezzo dollaro a testa. Moltiplicati per i mercati finanziari di oggi, però, ne escono cifre enormi. Il solo scambio di valute muove, ogni giorno, 4 mila miliardi di dollari. Una Tobin Tax ne ricaverebbe circa 1.200 miliardi di dollari l’anno. Poi ci sono le Borse: le sole nuove emissioni di obbligazioni sui mercati internazionali valgono 2.500 miliardi di dollari.
Infine, l’oceano dei derivati: 600 mila miliardi di dollari il loro valore nominale. Nonostante l’attrazione di queste cifre, il percorso di una Tobin Tax resta accidentato. La sola ipotesi della tassa è stata sufficiente a creare un piccolo terremoto sulle quotazioni delle società  che gestiscono – a Londra, a New York, a Francoforte – le Borse e di alcuni grossi intermediari finanziari. E la lista degli oppositori è lunga. Lo stesso Fmi la vede con disagio: quando (un anno fa) se ne parlava per costituire una sorta di fondo per i salvataggi bancari, due sue studi sottolinearono che esistevano vie più efficienti (come una tassa sui bilanci delle banche) per finanziare quel fondo.
Il ministro del Tesoro di Gran Bretagna, sede di uno dei più grandi centri finanziari al mondo, è dichiaratamente contrario. Il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, ha ripetuto la sua opposizione, ancora lo scorso giugno.
L’obiezione principale è che, se la tassa non venisse applicata contemporaneamente a livello mondiale, o, almeno, nei maggiori centri finanziari, dirotterebbe affari e traffici sulle piazze che non la applicano. Questo, peraltro, osserva lo studio Fmi, non impedirebbe di attuarla in singole zone, come l’area euro: l’investitore residente in Europa pagherebbe la sua quota e caricherebbe sulla controparte estera l’altra metà . Nella Gran Bretagna di Osborne sono anche più sbrigativi: per le operazioni verso l’estero, l’investitore britannico paga il triplo (l’1,5 per cento) di quanto avviene nelle Borse nazionali.
Ma come raccogliere la tassa? Per i titoli trattati nelle Borse (azioni, obbligazioni, futures, opzioni) è relativamente facile. Tutte le operazioni passano attraverso la Borsa e sarebbe questa a riscuotere la tassa.
Per i titoli trattati fuori Borsa («over the counter»), direttamente fra due controparti, dovrebbero essere loro a tassarsi. Lo studio Fmi suggerisce un incentivo: sono contratti spesso contestati e, nei tribunali, il loro valore legale sarebbe riconosciuto solo se la Tobin Tax fosse stata pagata. Restano i mercati valutari, ormai globali, dove quasi tutte le operazioni sono estero su estero. Metà  di esse, però, passa attraverso l’apposita Cls Bank e buona parte del resto attraverso i sistemi di pagamento nazionali gestiti dalle banche centrali. La tassa potrebbe essere riscossa lì o, comunque, la transazione potrebbe essere segnalata al fisco.


Related Articles

Camusso: “Troppo pochi i soldi per detassare il lavoro prendiamoli da Bot e rendite”

Loading

La numero uno di Cgil boccia l’impostazione che si vuole dare alla legge di Stabilità

Pensioni d’invalidità , interviene Fornero

Loading

 «Istruttoria in corso, le regole non cambiano». Più di 500 mila in cassa integrazione

Il sindacato contro lo spot di McDonald’s “Tremila assunzioni? Pubblicità  ingannevole”

Loading

 L’azienda: “Critiche strumentali”. La Cgil: “Nascondono la precarietà ”  

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment