Se la carestia si sposta a sud

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Lo riporta il Centro di analisi per la sicurezza alimentare dell’Onu (Fsnau) in un rapporto elaborato con il Famine early warning systems network (Fews.net), che analizza lo stato generale del paese. «In totale, 4 milioni di persone in Somalia soffrono la crisi alimentare, e 750,000 rischiano di morire nei prossimi quattro mesi in assenza di una risposta adeguata». Di questi 4 milioni, 3 vivono nel sud, nella zona controllata dai militanti islamici al-Shabab.
Raggiungere le zone colpite è molto difficile: le agenzie umanitarie riescono a portare cibo soltanto a 1 milione di persone. Se la risposta all’emergenza resterà  questa anche in futuro, sarà  sicuramente inadeguata e porterà  a un’ulteriore diffusione della carestia. «Decine di migliaia di persone sono già  morte, di cui la metà  bambini. Assumendo che il livello di aiuti fornito resti stabile, la carestia si estenderà  ancora nei prossimi mesi», dichiara il Fsnau, e spiega l’origine di queste drammatiche conclusioni. Dai sondaggi condotti luglio e agosto sui livelli di nutrizione e mortalità  nel sud della Somalia è emerso che il tasso di «malnutrizione acuta grave» è del 15,8%, e quello di «malnutrizione globale acuta» del 36,4%. A Bay del 58%. I prezzi dei cereali nella zona sono molto superiori alla media, più del triplo rispetto al 2010. Questo ha eroso il potere d’acquisto dei salari (salari?) e, con il calo della produzione dei raccolti, ha causato un’insufficienza di cibo, specialmente per le famiglie povere e le aree agricole marginali. Se non si mangia si muore, e i dati sulla mortalità  sono significativi. Nel sud della Somalia si supera la soglia di mortalità  che caratterizza la cartestia (2 morti al giorno su 10mila persone) e nel resto del paese si raggiunge il livello di allerta, 1 morto al giorno su 10mila persone.
La carestia colpisce tutto il Corno d’Africa – Somalia, Etiopia e Sud Sudan meridionali, Uganda orientale e Kenya settentrionale – ma l’allarme lanciato dall’Onu sulla Somalia richiede una forte attenzione e impone alla comunità  internazionale di agire di conseguenza. Così non basta, il rapporto lo dice chiaramente, ma ammette anche una grave difficoltà : per gennaio 2012 si attende un piccolo raccolto e le prossime pioggie sono previste ad ottobre. È improbabile che la situazione migliori prima dell’agosto 2012, tra un anno. «Non sono sicuro che avremo ancora risorse economiche adeguate per far fronte a questa emergenza», dichiara Mark Bowden, coordinatore umanitario Onu per la Somalia. Nel paese sono saltate due stagioni di pioggia consecutive ed è in corso la peggiore emergenza umanitaria degli ultimi 17 anni. Il tutto si aggiunge a un ventennio di combattimenti costanti e di assenza di un governo: l’autorità  al potere sostenuta dalle Nazioni unite controlla soltanto la capitale Mogadiscio e poche altre zone, non quelle più colpite dalla carestia, come il sud in mano ai militanti islamici al-Shabab. Non è un problema solo politico, si riversa sulla vita quotidiana di chi muore di fame. «Anche se fossimo in grado di portare cibo e provviste nei porti principali del paese, sarebbe una grande sfida riuscire a fornire assistenza alle zone maggiormente colpite», dichiara Unni Karunakara, di Medici senza frontiere, «lo chiamiamo il problema dell’ultimo miglio». Le cause del problema sono diverse, ed eliminarle sarebbe l’ideale, ma intanto basterebbe fare qualcosa di più per evitare che nel 2011 migliaia di esseri umani muoiano ancora di fame.


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