Contatti febbrili in vista del G20 l’ultima spiaggia è l’aiuto cinese

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ROMA – Il tempo stringe, l’Europa va salvata e l’Italia è ormai considerata l’anello debole che potrebbe far cascare la moneta unica. «Per noi la lettera di Berlusconi non è credibile, nel senso che nutriamo seri dubbi sul fatto che nei prossimi 18 mesi il suo governo sarà  in grado di tenere fede agli impegni presi», spiegano ufficiosamente da Bruxelles e Francoforte. E così ci si prepara al peggio. I piani si accavallano, i negoziati anche. Da un lato si cerca di convincere la Cina e le altre nuove potenze globali ad entrare nel “veicolo finanziario” dell’Unione, il secondo salvadanaio, aperto al Fondo monetario e ad altri investitori sovrani, chiamato ad affiancare il fondo salva-Stati della Ue che da solo – nonostante la sua potenza di fuoco alzata a 1000 miliardi – non sarebbe in grado di soccorrere l’Italia. Dall’altra si valutano altre soluzioni, più estreme, nel caso in cui al G20 di Cannes di giovedì gli europei non riuscissero a portare a casa soldi freschi degli altri grandi del mondo.
Su Cannes lavorano Commissione Ue, Bce ed Fmi. Le tre istituzioni limano i dettagli del piano approvato all’alba di giovedì scorso dai leader della moneta unica. Sperano di convincere cinesi, giapponesi, indiani e brasiliani ad entrare nel salvataggio del Vecchio continente. Se dovesse andare male ci si deve preparare ad altro. Ieri l’Ansa ha parlato di un «piano B», una «rete di salvataggio» alla quale starebbero lavorando proprio Fmi, Ue e banche centrali. Un contingency plan che richiederebbe un aumento di capitale del Fondo monetario e anche in questo caso sarebbe necessario il soccorso di soldi asiatici. La Commissione europea ha smentito l’indiscrezione, riportando il tutto ai negoziati per il veicolo finanziario da lanciare a Cannes. A prendere per buona la smentita il dato di fatto è che – spiega una fonte di Bruxelles – «i contatti sono stati intensificati, ormai sono febbrili» perché ci si rende conto che il secondo fondo Ue è vitale in caso di contagio dell’Italia.
C’è poi chi va oltre, ipotizzando che europei ed americani si stiano preparando all’ingresso di Roma in un «programma precauzionale» dell’Fmi, uno stato di pre-salvataggio (che comunque dovrebbe essere chiesto dal governo italiano) durante il quale a Washington si raccolgono i soldi per tenersi pronti al vero e proprio programma di salvataggio con tanto di emissioni di soldi (come per la Grecia). Rumors a parte, la certezza è che l’anello debole dell’euro sia l’Italia. Nelle riunioni riservate Barroso e Van Rompuy (presidenti della Commissione e del Consiglio europeo) lo vanno ripetendo: «Quello italiano è un problema di carattere politico, di scarsa credibilità » del governo. Credibilità  che può essere recuperata nel prossimo anno e mezzo attuando le promesse contenute nella “lettera di intenti” di Berlusconi anche grazie al monitoraggio (commissariamento) di Bruxelles. E qui torna ad affacciarsi la possibilità  che la Ue e il Fondo si preparino ad un intervento per Roma. Lo spiega un alto funzionario europeo: «Le lettere le facciamo per i Paesi che sono in un programma di salvataggio, noi le scriviamo e i governi le firmano». Esattamente come successo con Berlusconi.
Che la situazione sia a rischio lo sanno bene gli “Special Team” composti da esperti della Commissione, della Bce e del Fondo che da mesi seguono Italia e Spagna. «Se si arriva al peggio e si deve lanciare il programma di salvataggio – spiegano dietro garanzia di anonimato – dobbiamo essere pronti, con un Paese delle dimensioni dell’Italia non possiamo farci cogliere di sorpresa». Gli scenari che tracciano sono tre: il primo, giudicato ottimistico, è che Berlusconi faccia quanto promesso in Europa. Il secondo che si dimetta. Il terzo «che resti a Palazzo Chigi e non riesca a fare le riforme». In questo caso un drammatico attacco frontale dei mercati viene dato per scontato. Ed è a questo che ci si sta preparando tra Bruxelles, Francoforte e Washington.


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