“Se il governo va avanti sarà  sciopero”

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ROMA – «Se il governo dovesse procedere, ci sarà  lo sciopero generale», annuncia Susanna Camusso, segretario generale della Cgil. Nessun tavolo, ribadisce, per discutere con l’esecutivo di licenziamenti. Mentre «a breve», forse in settimana, un incontro con Cisl e Uil per decidere la data dello sciopero. «Va rilanciato il patto con gli imprenditori», incalza Bonanni, segretario della Cisl. «Non facciamoci dettare l’agenda dalla politica, che è in stato confusionale».
I sindacati si ricompattano dunque contro l’ipotesi, inserita nella lettera di intenti del governo all’Europa, di riformare entro il prossimo maggio la legislazione del lavoro, anche attraverso una nuova regolazione dei licenziamenti «per motivi economici». «Il termine licenziamenti facili è assolutamente falso», si difende il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. E il governo sta lavorando «alle protezioni dei lavoratori», augurandosi che «anche le imprese facciano la loro parte». Il ministro non esclude di valutare la proposta di Pietro Ichino, senatore del Pd, a riformare insieme l’articolo 18 (formalizzata in un ddl scritto nel 2009 e firmato da 54 senatori), proposta «per molti aspetti interessante» e «molto simile» alle idee del governo. E assicura che «tutti i licenziamenti discriminatori devono restare nulli».
Si infiamma, dunque, il dibattito politico. La maggioranza ribadisce la volontà  di procedere. «Per creare lavoro, non per licenziare», dice Gasparri, Pdl. L’opposizione incalza. «Invito il governo a spegnere la miccia che ha acceso e mettersi a ragionare seriamente», propone Bersani, Pd. «Più che libertà  di licenziare servirebbe la libertà  di assumere», chiosa Matteo Renzi, sindaco “rottamatore” di Firenze. «Sacconi ha innescato una bomba e ora grida aiuto», lo attacca Maurizio Zipponi, Idv. Ma anche Cazzola, Pdl, ammette: «Se qualcuno sostiene che rivedendo l’articolo 18 un terzo delle aziende assumerebbe almeno un lavoratore e così l’occupazione crescerebbe di un milione, sono previsioni cervellotiche, non dimostrabili, se non pura propaganda».


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