Fischi allo stadio, vacilla il potere di Putin

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Mosca – Qualcosa si è incrinato nel monolitico potere di Vladimir Putin, proprio alla vigilia delle elezioni politiche del 4 dicembre. Ieri notte un suo intervento a chiaro scopo elettorale è stato salutato da un coro di “presunti fischi”, secondo la geniale invenzione di un sito d’informazione governativo. Il pubblico che riempiva lo stadio Olimpijskij di Mosca per un atteso match di arti marziali si è scatenato in una quasi inedita protesta quando ha visto il premier salire sul ring per rivolgere due parole di patriottiche congratulazioni al campione russo Emeljanenko che aveva appena ridotto in malo modo il suo rivale americano Monson. Convinto di raccogliere la solita salva di applausi devoti, Putin si è invece dovuto interrompere più volte per i fischi e per il “presunto” coro di “buu” che pioveva rabbioso dalle gradinate. Imbarazzati in diretta tv, i volti dell’arbitro, che abbozzava un inutile applauso di copertura, e dello stesso trionfatore Emeljanenko, frastornato più dalla contestazione che dalle botte appena ricevute in combattimento.
Inutili i tentativi di rimediare. Fischi e “buu” sono scomparsi nelle successive edizioni del tg ma sono rimasti integralmente registrati nella miriade di blog del vasto oceano dell’Internet russo. Affannose e poco credibili le spiegazioni ufficiali fornite in coro dagli organizzatori del match e dai compagni di partito: «Erano fischi rivolti al lottatore sconfitto». O, meglio ancora: «La gente protestava per la chiusura anticipata delle toilette».
Ma al livello più alto, tra i consiglieri dell’uomo più potente di Russia, non c’è poi una grande sorpresa. Da giorni sapevano di vivere il periodo più difficile da quando Putin salì al potere nel lontano 1999. Allora era premier, poi presidente per due mandati, poi nuovamente premier. E la decisione di ritornare Presidente candidandosi per il prossimo marzo ha certamente dato una scossa all’insofferenza dei russi consapevoli di essere davanti a un potere senza fine e senza ricambi. I sondaggi, anche quelli più allineati, non lasciano dubbi. Russia Unita, il Partito al governo vincerà  certamente. Ma nessuno osa pronosticare niente di più del 54 percento dei consensi: quasi l’11 percento in meno delle ultime consultazioni politiche.
L’uomo è forte, sostengono i suoi, sa affrontare i momenti difficili. E citano l’estate del 2010, quando Putin incassò la prima contestazione degli abitanti di un villaggio devastato dagli incendi. In un Paese colpito dall’incuria, Putin accusò tutti, pompieri, amministratori locali, guardie forestali. Silurò il sindaco di Mosca e attaccò i tecnici di Stato “che restano in vacanza” mentre lui si faceva riprendere alla guida di un aereo antincendio.
Adesso però le reazioni sembrano nervose. Nel mondo di Internet, chiamare i fischi “presunti” rischia di diventare un boomerang. Ieri ad esempio, la commissione elettorale ha censurato uno spot del partito di destra Russia Giusta. Mostrava un’anziana signora in lacrime all’ufficio postale dove le spiegavano che tutta la sua pensione non bastava per pagare le bollette. Lo spot è stato giudicato “istigatore alla rivolta sociale”. Risultato? Gira su Internet con una diffusione che Russia Giusta non si sarebbe mai potuto permettere.
La linea sembra quella di resistere in attesa di giorni migliori. Sempre ieri, sia Putin che Medvedev hanno deciso di rinviare a dopo il voto i loro tradizionali interventi di fine novembre. Pare che un’ulteriore esposizione possa solo aumentare l’avversione montante verso il tandem. Moscow Times, quotidiano on line in lingua inglese, ci vede qualcosa di più: «Arriverà  il momento in cui la contestazione popolare sarà  tale da costringere Putin a lasciare la scena». E precisava a scanso di equivoci: «Un Berlusconi moment».


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