Italia, l’Ocse, “I lavoratori meglio pagati lavorano di più”. L’importanza degli ammortizzatori sociali

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ROMA – “In Italia la differenza tra le ore di lavoro dei lavoratori meglio e peggio retribuiti è aumentata: i lavoratori meglio pagati lavorano di più”. Il rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) “Divided We Stand: Why Inequality Keeps Rising”, in tema di lavoro conferma l’andamento visto nella maggior parte dei Paesi Ocse. “Dalla metà  degli anni Ottanta, il numero annuale di ore di lavoro dei lavoratori dipendenti meno pagati è diminuito, passando da 1580 a 1440 ore; anche quello dei lavoratori meglio pagati è diminuito, ma in minor misura, passando da 2170 a 2080 ore”. Per quanto riguarda la disuguaglianza dei redditi da lavoro, secondo lo studio è l’aumento dei redditi da lavoro autonomo ad aver contribuito in maniera importante al divario: “La loro quota sul totale dei redditi – spiega lo studio – è aumentata del 10% dalla metà  degli anni Ottanta e i redditi da lavoro autonomo sembrano ancora predominare tra le persone con i redditi più alti, al contrario di molti altri Paesi Ocse”.

Ed è proprio il lavoro il tema su cui si concentrano maggiormente le raccomandazioni dell’Ocse contenute nel rapporto. “L’occupazione è il modo per migliore di ridurre le disparità  – spiega la ricerca -. La sfida principale consiste nel creare posti di lavoro qualitativamente e quantitativamente migliori, che offrano buone prospettive di carriera e la possibilità  concreta di sfuggire alla povertà ”. Per l’Ocse, inoltre, “è essenziale investire nelle risorse umane, un processo che deve essere sostenuto per tutto il ciclo di istruzione obbligatoria. Una volta realizzata la transizione dalla scuola al lavoro, occorre fornire incentivi sufficienti affinché tanto i lavoratori che i datori di lavoro investano nelle competenze lungo l’intero arco della vita lavorativa”. Per accrescere gli effetti redistributivi, inoltre, per l’Ocse è necessaria una riforma delle politiche fiscali e previdenziali. “Perdite ampie e persistenti di reddito per i gruppi a basso reddito in coincidenza con le fasi recessive – spiega l’Ocse – evidenziano l’importanza del ruolo degli ammortizzatori sociali, dei trasferimenti pubblici e delle politiche di sostegno del reddito. Tali meccanismi devono essere ben congegnati al fine di ottenere i risultati sperati”.
Per l’Ocse, andrebbe inoltre riesaminato il ruolo redistributivo della fiscalità  “onde assicurare che i soggetti più abbienti contribuiscano in giusta misura al pagamento degli oneri impositivi”. A ridurre la disuguaglianza di reddito, in Italia così come in molti paesi Ocse, c’è infine la sanità , l’istruzione e i servizi pubblici destinati alla salute, che contribuiscono a ridurre di circa un quinto la disuguaglianza. Nel 2000, invece, contribuivano a una riduzione della disuguaglianza pari a circa un quarto. “L’offerta di servizi pubblici gratuiti e di qualità  elevata in ambiti quali l’istruzione, la sanità  e l’assistenza familiare – conclude l’Ocse – riveste un ruolo importante”.

 

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