Suicida in cella a 22 anni «Denunciava violenze»

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MILANO — Venerdì la visita psichiatrica. Sabato la tragedia. Alessandro Gallelli, 22 anni, si è tolto la vita impiccandosi con la propria felpa nella sua cella a San Vittore. Eppure, come hanno sottolineato gli esperti nell’inchiesta aperta dal pm Giovanni Polizzi sull’accaduto, «non erano emersi rischi di comportamenti auto-lesionistici». Anzi, aveva denunciato ai familiari «di aver subito numerose violenze».

La perizia era stata disposta dal gup Paola Di Lorenzo e avrebbe dovuto valutare, oltre alla sua capacità  di intendere e di volere, anche la compatibilità  con il carcere in relazione alle sue condizioni mentali. Gallelli, infatti, dopo l’arresto lo scorso ottobre, si trovava da gennaio nel reparto di psichiatria della casa circondariale di piazza Filangieri perché aveva comportamenti aggressivi. Anche durante un’udienza del processo, il 22enne aveva avuto un atteggiamento violento che aveva indotto il giudice a ordinare la perizia.
Alessandro Gallelli, di San Vittore Olona, nell’hinterland milanese, era accusato di diversi episodi di violenza sessuale, come palpeggiamenti e molestie nei confronti di alcune donne, anche contattate su Facebook, e la sua irruenza si era manifestata anche in un’altra occasione, quando aveva gettato un televisore fuori dalla finestra di casa.
Prima di finire in galera, nella primavera scorsa, il giovane era stato sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio dopo il quale il medico lo aveva ritenuto affetto da «un disturbo della socialità , ma capace di intendere e di volere».
Alessandro Gallelli si è suicidato sabato pomeriggio, alle 17.30, quando le due guardie carcerarie distribuivano il pasto. Forse, sostiene qualcuno, la vittima non era intenzionata a togliersi la vita, ma si è trattato di un’azione dimostrativa finita in tragedia. Chi vuole uccidersi, infatti, lo fa a mezzanotte, all’una, quando il carcere «dorme». Il ventiduenne, accusato anche di stalking e atti osceni in luogo pubblico, era ricoverato al Conp (Centro osservazione neuro psichiatrico), otto celle per sedici detenuti al piano terra dell’edificio. Due agenti fissi, medici interni e psichiatri del Fatebenefratelli. «Su San Vittore — spiega Luigi Pagano, direttore regionale delle carceri — c’è da sempre un’attenzione particolare, accentuata, proprio per evitare che avvengano tragedie come questa. In un penitenziario che ha 1.600 detenuti e che, ogni anno, escono ed entrano 6 mila persone. Un flusso immenso».
Gallelli, un ragazzo robusto con la passione del calcio, la sera di sabato, nonostante non fosse solo, con un balzo è arrivato all’inferriata che dà  sul giardino. Vi ha avvolto e annodato la propria felpa e si è lasciato cadere. Un attimo letale. Il giovane non è morto soffocato, ma gli si sono rotte le vertebre cervicali. Immediati i soccorsi, ma non c’è stato nulla da fare. Così come non si sono potuti evitare i 59 suicidi avvenuti nel 2011 nelle galere italiane: uno ogni cinque giorni, uno ogni mille detenuti.


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