Un giorno da vivere senza mafia

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A Lamezia Terme, in uno dei quartieri a più alta densità  criminale d’Italia, Capizzaglie, oggi cercano di realizzarlo questo giorno. Ventiquattro ore senza malavita, provando a sradicare la malapianta di un’intera regione. Perché in Calabria la ‘ndrangheta la senti, la tocchi, l’odori, ovunque. «Ogni giorno ti passa davanti», dicono gli organizzatori- al bar, al supermercato, nelle buche delle strade, nei saluti “rispettosi”. La ‘ndrangheta è nella politica (persino ai vertici regionali, come sostiene il colonnello dei Ros Valerio Giardina), controlla intere amministrazioni calabresi e non (Bordighera e Ventimiglia, tra gli ultimi casi), «grandi opere» e «grandi eventi» (il Tav della Valsusa, l’Expo di Milano). E Lamezia subisce maledettamente questa illegalità  diffusa. 
Diritti e bisogni scambiati con favori. Un’acqua torbida in cui nuota la criminalità  che inquina l’economia con il racket, l’usura, il riciclo di danaro sporco. Per mantenere e accrescere questo potere criminale, mette bombe a negozi e quartieri, spara per strada, intimidisce presìdi sociali. Nella notte di Natale un ordigno venne collocato e fatto esplodere all’ingresso della Comunità  Progetto Sud di don Giacomo Panizza. Due giorni fa il bis: una pallottola 7.65 contro la finestra del secondo piano della stessa sede, sita in un palazzo confiscato ai Torcasio, il clan egemone di Capizzaglie. «Noi crediamo che la vita deve continuare, le vigliaccherie vanno fatte cessare e la popolazione deve credere di più nella solidarietà  quotidiana», afferma don Panizza. «Il 29 febbraio, ne ‘Il giorno che non c’è’, la città  deve intervenire, perché la solidarietà  va partecipata e vissuta. E’ il momento di resistere tutti insieme per traghettare un’altra Calabria». Il programma è fittissimo. Già  di primo mattino una “Lectio di legalità ” in un liceo di Capizzaglie (con Costantino Fittante del Centro Riforme-Democrazie-Diritti, il sindaco Gianni Speranza e don Panizza). Si continua nel pomeriggio in un’altra scuola del quartiere, l’Istituto Saverio Gatti (messo a soqquadro da malavitosi la notte di Martedì grasso), con attività  ludiche e di educazione alla legalità  con gli alunni delle scuole primarie (a cura di Arci e Cgil). E alle 18 il via alla marcia, scandita in tre tappe, accompagnate da musica, giochi e colori, alternate da interventi di rappresentanti del Comitato promotore. Conclusioni affidate al Procuratore di Lamezia, Salvatore Vitello, al vescovo Luigi Cantafora e agli organizzatori (Cgil, Arci, Progetto Sud, Acli, Libera, Lila, Agesci). «Pensiamo che la lotta alla ‘ndrangheta- dice al manifesto Giuseppe Valentino, segretario della Camera del lavoro- non debba culminare in una ricorrenza o in una celebrazione ma vada costruita con momenti culturali, passo dopo passo, smuovendo le coscienze. Abbiamo scelto il 29 febbraio perché il prossimo anno questo giorno non ci sarà  e dunque non sarà  un rito stantio da celebrare ogni anno. Perché la lotta deve essere quotidiana e non scandita da ricorrenze. Dipende da tutti noi la costruzione di una società  libera dal potere mafioso Oggi occuperemo le strade per affermare la supremazia dello Stato democratico e il diritto dei cittadini a viverle senza il rischio della propria vita per mano mafiosa. Invaderemo ogni angolo con i colori, i suoni, i giochi. Spaventiamoli i mafiosi, se tanta gente parteciperà  alla marcia la politica sarà  costretta ad interrogarsi, e ad agire».


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