L’ultimo discorso di Emma prima della scelta tra Squinzi e Bombassei

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Emma Marcegaglia, davanti al premier Mario Monti, al ministro del Lavoro Elsa Fornero, ai leader sindacali e a migliaia di imprenditori ha fatto il suo «ultimo discorso pubblico da presidente». Nonostante l’emozione ha affrontato il nodo che aspetta la nuova presidenza e «cioè il dibattito su come riformare il sistema confindustriale, come renderlo all’altezza dei tempi e snellirlo». Ha riconosciuto che «va cambiato il volto di Confindustria per adeguarlo al mondo che cambia» ma ha ricordato che c’è anche un’altra rivoluzione realizzata nei quattro anni di sua gestione. La lotta alla criminalità  e la fine di una «Confindustria che trattava sussidi per questa o quella impresa, e spero che quell’era non torni più, abbiamo deciso di essere la voce di chi si batte per il mercato». Sul dibattito interno destinato a proseguire fino alla sera prima della votazione finale Marcegaglia ha definito «legittime le critiche, anche le più aspre» ma ha chiesto che venga tutelato un principio sacro: «Confindustria è l’unica casa delle imprese, dovete volerle bene, preservare sempre la sua indipendenza». Di fronte alla platea confindustriale Squinzi e Bombassei hanno dimostrato grande affabilità  reciproca. Hanno partecipato insieme alla cena a Palazzo Reale e non si sono sottratti agli scatti dei fotografi. Ma nelle retrovie i tattici non hanno mai smesso di negoziare, di contare i voti, di limare gli ultimi posizionamenti. In quello che sarà  il secondo ballottaggio nella storia di Confindustria (il primo fu nel 2000 tra Carlo Callieri e Antonio D’Amato) le stime di voto dei reciproci schieramenti restano lontane. Gli squinziani si ritengono in larga maggioranza e dagli ultimi conteggi sono certi di avere il 70% circa dei voti. I bombasseiani si accreditano una sostanziale parità  e sono decisi ad andare alla conta finale escludendo qualsiasi negoziato preventivo. In realtà  il fronte che appoggia il titolare della Brembo sarebbe diviso tra chi vuol trattare «prima» e chi preferisce puntare a incassare il numero maggiore di voti e trattare «dopo». Una situazione comunque molto complicata, di difficile paragone con quella di dodici anni fa, anche se oggi come allora la Fiat è uno dei punti centrali del dibattito. Oggi perché è uscita da Confindustria e si è detta pronta a rientrare solo nel caso vinca Bombassei. Allora perché Callieri era espressione del gruppo torinese essendone stato direttore centrale dal 1990 al 1998. D’Amato prese 96 voti, Callieri 58.


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