La rumba di Miguel Barnet

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Ancor giovanissimo collaborò con riviste famose quali «Lunes de Revolucià³n» e «Hoy». Ha studiato sociologia e antropologia all’università  dell’Avana, allievo di Fernando Ortiz, uno dei maestri dell’antropologia cubana da cui ha tratto la passione per i modelli etnografici centrati sulle religioni indigene, il linguaggio, la tradizione orale, l’attenzione verso le classi emarginate.
Il libro che ha reso Barnet famoso internazionalmente è del ’66: «Biografia de un Cimarròn», uscito in Italia con il titolo «Autobiografia di uno schiavo» (Einaudi). Attraverso la vita del protagonista, un ex-schiavo fuggiasco, Barnet scrive del lavoro nelle piantagioni di canna, degli usi e costumi cubani, delle donne e dei balli, delle cerimonie religiose della santeria afro-cubana fino alla guerra d’indipendenza dalla Spagna (1895-1902). In Italia sono usciti anche altri romanzi di Barnet, quali «La canzone di Rachel» (1972) e «Le regine dell’Avana» (2007).
Miguel Barnet è stato ambasciatore presso l’Unesco a Parigi, è presidente dell’Uneac, l’Unione degli artisti e scrittori di Cuba. È stato anche deputato all’Assemblea nazionale. Innumerevoli i premi ricevuti. In Italia nel 2011 è stato insignito del titolo di cavaliere della repubblica per la sua carriera letteraria e i legami culturali con il nostro paese.
Con il suo peso di scrittore e antropologo, Barnet è a Roma per presentare e perorare la causa della rumba cubana, «un ballo e una musica che non sono solo un ballo e una musica». La rumba cubana è stata da poco proclamata «patrimonio culturale di Cuba», ora attraverso il progetto «Timbalaye» dei due rumberi cubani Irma Castillo e Ulises Mora, trapiantati da anni in Italia, promotori del Forum internazionale sulla rumba in programma a Roma da oggi al primo aprile, si pone l’obiettivo di chiedere all’Unesco di riconoscere la rumba cubana come «patrimonio orale e immateriale dell’umanità », al pari del tango argentino e dei mariachi messicano.


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