“La colpa di tanti drammi umani è di chi ha ridotto l’economia così”

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ROMA – Mario Monti non ci sta, non vuole fare il parafulmine dei partiti. Specialmente di quelli che hanno governato prima di lui. Così al convegno “Riforme e crescita” attacca: «Le conseguenze umane della crisi dovrebbero far riflettere chi ha portato l’economia in questo stato e non chi da quello stato sta cercando di farla uscire». E ancora, la colpa è di chi «ha negato la crisi», di chi ha portato il Paese in questa «drammatica» situazione perché ha avuto «insufficiente attenzione per le riforme strutturali». Parole forti che fanno capolino nel discorso del premier, stanco delle polemiche interne. 
Monti non cita i suicidi e non fa i nomi di nessun leader. Ma dopo che sui media alle sue parole vengono accostati i suicidi e i vertici del Pdl, Berlusconi e Alfano, Palazzo Chigi scrive una nota di precisazione. Poi è lo stesso Professore che nella sala polifunzionale della presidenza del Consiglio riprende la parola e chiede di non strumentalizzare: «Non mi riferivo ai suicidi, non mi permetterei mai di farlo in una sede come questa, ho parlato di governi di un largo arco di tempo, non di uno in particolare». Precisazione che non evita le polemiche: se per Gasparri (Pdl) la rettifica del premier è «opportuna», Donadi (Idv) dice che «quando la sedia traballa anche lui perde sobrietà ». La Lega spara a zero, con la Padania che titola «Monti se ne lava le mani». E ancora, «è vergognoso che speculi sulle disgrazie».
Di fianco a Monti siede il commissario Ue Olli Rehn che ascolta il premier ribadire le ricette per la crescita che sta portando in Europa. Un lavoro difficile a dimostrazione che anche il governo tecnico «percepisce le sofferenze economiche e sociali che derivano dalla crisi». Il premier parla della «pena» nel dover prendere decisioni perché – anche se sarebbe «felice di seguire l’impulso nazionale» di abbandonare il rigore per alleviare le difficoltà  – ricorda che se lo facesse poi ci sarebbero «sofferenze ancora più grandi». Sottinteso: l’Italia finirebbe come la Grecia e guai sarebbero peggiori. Per questo Roma non può che passare dall’Europa. Monti incassa il primo successo con la convocazione di un summit straordinario a Bruxelles per il 23 maggio. Lo aveva chiesto lui dopo la prova di forza degli estremisti in Francia, Grecia e Olanda per avviare il dibattito sulla crescita in vista del decisivo Consiglio europeo del 28 giugno. Quindi ottiene l’apertura di Rehn sulla richiesta di non conteggiare nei parametri di Maastricht gli investimenti pubblici e il pagamento dei debiti dello Stato. Intanto a Bruxelles il ministro Moavero – braccio destro di Monti in Europa – battezza l’emendamento dell’europarlamentare del Pd Roberto Gualtieri che punta a sfilare dal calcolo del deficit due quinti delle spese pubbliche per la crescita. Un primo passo verso la Golden Rule chiesta da Monti (scorporo del 100%) che a Strasburgo verrà  appoggiato anche dal Pdl. Mentre Monti sprona Bruxelles a scuotersi dall’apatia prendendo «un ruolo attivo» sulla crescita, Rehn loda le riforme italiane. In particolare quella del lavoro («un suo ritardo può danneggiare l’Italia») e la lotta all’evasione che porterà  «maggiore equità ».


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