È rischio-default, Valencia prima vittima

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E’ lo spettro del default quello che ormai agita la Spagna insieme alle manifestazioni di protesta sempre più diffuse in tutto il paese. La prima vittima c’è già  ed è la Comunità  di Valencia, una delle 17 regioni autonome della Spagna, che ieri ha dichiarato fallimento e chiesto l’intervento diretto dello Stato centrale perché è ormai incapace di trovare crediti sul mercato per finanziare il suo debito. Ma in realtà  ciò che in queste settimane sta rischiando di saltare è tutto il sistema federale spagnolo, nato insieme alla democrazia alla fine della anni Settanta. Da nord a sud, dalla Catalogna all’Andalusia, altre “Comunidad” sono sull’orlo della bancarotta, con i titoli del debito rubricati come bonusbasura, “spazzatura”, dagli istituti di rating internazionali. E tutte avranno difficoltà  a sopravvivere
con i limiti di deficit di bilancio imposti da Madrid. Parlamenti regionali, scuole, ospedali, asili nido, tv locali e, alcuni casi, come Catalogna e Paesi Baschi, anche polizie regionali, potrebbero restare senza fondi nei prossimi mesi.
Centomila persone a Madrid, diverse decine di migliaia in altre ottanta città  del paese, hanno segnato — giovedì — l’apice della rivolta sociale contro i tagli — 65 miliardi di euro — varati dal governo Rajoy, e approvati l’altro ieri dal Parlamento. A Madrid le proteste sono sfociate nella notte in violenti scontri con le forze di polizia che avevano blindato tutti gli accessi alla Plaza de las Cortes, dove si trova la Camera dei deputati. Quaranta feriti e numerosi arresti. Il movimento di protesta si allarga a tutti i settori,
dagli statali (funzionari, pompieri, insegnanti), ai minatori, all’industria, al mondo della cultura.
Il paese protesta, e rischia di farlo sempre di più, soprattutto perché non vede l’utilità  dei sacrifici. Anche quest’ultima manovra economica, la terza in meno di due anni, sembra essere stata rapidamente superata dalla cruda realtà  della crisi. Ieri sera lo spread del debito spagnolo ha toccato quota 612, la Borsa è crollata (-5,8%), e quella minima sensazione di sollievo registrata una settimana fa all’annuncio dei tagli è già  soltanto un ricordo. Nessun sollievo alla sfiducia degli investitori neppure dall’accordo, confermato ieri dall’Eurogruppo, sui 100 miliardi di euro per il salvataggio delle banche spagnole.
Ed è “rischio contagio”, come sottolinea Monti, che il prossimo 2 agosto avrà  un faccia a faccia con Mariano Rajoy per discutere della crisi. Il futuro non promette nulla e non solo perché entro il 2013 la Spagna deve recuperare sul mercato 450 miliardi di euro per finanziare il debito ma anche perché lo stesso governo prevede una economia in recessione per tutto il prossimo anno. Le stime, rese note ieri a Madrid, prevedono un Pil negativo (-1,5%) nel 2012 e nel 2013 (-0,5%) con la disoccupazione al 24,6%. Per la prima volta Rajoy ha dovuto ammettere dati alla mano che il suo governo potrebbe terminare la legislatura nel 2016 con un numero di disoccupati maggiore rispetto a quando è arrivato al potere. Ed è proprio il tasso di disoccupazione a rendere eterogenea la situazione spagnola a confronto con quella degli altri paesi europei mettendo in evidenza la fragilità  strutturale della sua economia.
Altri segnali: la maggiore compagnia aerea low-cost, Ryanair, ha deciso di ridurre drasticamente a partire da novembre la sua presenza nella penisola iberica. Cancellate 15 rotte da Madrid e Barcellona, ed altre 46 nel resto del paese, per l’aumento delle tasse aeroportuali scattato dal primo luglio scorso.


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