Una mina da 30 miliardi in 10 anni Fornero: così si smonta tutta la riforma

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ROMA — Il tentativo di allargare la platea di “esodati” oltre i 120 mila già  “salvaguardati” dal governo con due decreti, a luglio e venerdì scorso, corre il rischio di smontare il cuore della riforma Fornero sulle pensioni. La miccia è contenuta nel progetto di legge Damiano, licenziato dalla Commissione lavoro della Camera con i voti di maggioranza e opposizione (Idv e Lega) e approdato ieri in Aula. Una bomba che oggi il governo potrebbe quantificare in 30 miliardi di euro nel prossimo decennio. Tanto varrebbe, secondo le stime della Ragioneria, il provvedimento.
Una cifra pesante che, se confermata, è in grado di risucchiare un terzo dei risparmi garantiti dalla riforma Fornero fino al 2022. E di mettere i conti dell’Italia fuori giro. «Solo 5 miliardi », si difende il deputato Pd, Cesare Damiano, primo firmatario del progetto. «Non si possono compromettere gli sforzi di stabilizzazione finanziaria», avverte il ministro del Lavoro.
Il punto di partenza è ancora la questione “esodati”: lavoratori rimasti (o che rimarranno) senza reddito né pensione, intrappolati nella bolla che la riforma ha creato allungando l’età  di uscita. Le due deroghe fin qui approvate stanziano 9 miliardi e ne tutelano 120 mila. Una coperta troppo corta, perché il problema riguarda un numero più alto di lavoratori, come denunciato sin da gennaio dalla Cgil. E come l’Inps ha certificato a giugno, parlando di 390 mila persone. L’intento del provvedimento – pensato dai deputati Damiano, Dozzo e Paladini – in un primo momento, dunque, viene ampiamente condiviso da tutte le forze politiche: non lasciare nessuno scoperto. Poi però il tentativo va oltre. E qualcuno, polemicamente, si sfila. Come il deputato Pdl, Giuliano Cazzola, che ha tolto la sua firma. Perché? «In pratica si estendono a tutti i requisiti previsti, in via sperimentale, dalla riforma Maroni per le donne, ovvero 57 anni di età  e 35 di contributi (59 dal 2016), contro i 62 anni e 41 di contributi da subito della riforma Fornero. Con una sola differenza: la pensione si calcola con il contributivo anche per il periodo pre-1996». Questo comporta una decurtazione economica importante. «Sì, ma visto l’allungamento dell’età  prodotto dalla riforma Fornero, a molti potrebbe convenire perdere un 20-30 per cento dell’assegno e andare in pensione 4-5 anni prima. In questo modo, i conti però sballano». Di qui i dissapori.
All’inizio gli “scalini” dovevano essere eccezioni per chi perdeva il lavoro. Altri “esodati”, insomma.
Poi però «è diventata una norma di carattere generale che da sola vale 17 miliardi a regime, cioè fino al 2022», riferisce Cazzola. Per arrivare a 30 miliardi nel decennio, comprendendo le altre norme contenute nei 5 articoli del progetto di legge. Insostenibile. La commissione Finanze della Camera, che pure ha dato parere favorevole, ha però già  evidenziato l’inadeguatezza della copertura finanziaria («misure in materia di giochi pubblici on line, lotterie istantanee, apparecchi e congegni di gioco»). In attesa di capire, già  da oggi, i conti ufficiali del ministero guidato dalla Fornero e la relazione tecnica della commissione Bilancio.
«Il punto è che in questo modo si riapre l’anzianità  per tutti», insiste Cazzola. Un punto di mediazione è però possibile. E consiste nel mettere altro fieno in cascina. Ovvero risorse aggiuntive per coprire altri “esodati”. «L’idea è di usare parte dei fondi accantonati per i lavori usuranti. Mediamente se ne stanziano 285 milioni all’anno. Ma dal 2010 al 2012 ne sono stati usati solo 164 milioni, per via delle regole severe dell’Inps che hanno portato ad accogliere solo il 40% delle domande. A partire dal 2013, potrebbe emergere un “tesoretto” di 100-150 milioni da girare agli “esodati”. Alla fine, come ho detto alla Camera, abbiamo portato un Tir in Aula, ne usciremo con una motoretta. Meglio di niente».


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