Tehran non respira più

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E poiché la situazione non accennava a migliorare, le autorità  hanno ordinato la chiusura di scuole, università  e uffici pubblici, per poi estendere l’ordinanza a banche e altri uffici – solo i servizi d’emergenza hanno continuato a funzionare. Le agenzie di stampa hanno diffuso immagini di una Tehran avvolta in una nebbiolina di smog, cielo grigio che nasconde l’usuale vista delle montagne a nord della città , cittadini che camminano con le mascherine chirurgiche su naso e bocca (purtroppo inutili a filtrare i veleni!). O passanti che camminano senza farci caso davanti a in gigantesco pannello luminoso nel centro di Tehran, che indica i livelli – spaventosi – dei vari agenti inquinanti nell’aria. Le centraline di monitoraggio hanno registrato livelli allarmanti di ossidi di azoto, anidride carbonica, monossido di carbonio, particolato e altro: l’indice Psi (pollution standard index) si è attestato negli ultimi giorni, prima della provvidenziale pioggia, a livello 151 – il livello 100 è considerato pericoloso per la salute umana. Secondo la France Presse i ricoveri ospedalieri hanno avuto un’impennata del 15% nelle ultime due settimane, soprattutto di persone che soffrono di mal di testa, problemi respiratori e nausea. Del resto, il ministero della sanità  iraniano stimava di recente che tra 4.000 e 5.000 morti ogni anno a Tehran siano da attribuire all’inquinamento, in particolare asma e altre malattie respiratorie.
Il problema dell’inquinamento atmosferico è cronico a Tehran, con i suoi quasi 15 milioni di abitanti. E’ aggravato dalla posizione geografica della città , in una conca circondata a nord dai monti Alborz, una catena montuosa che fa da «tappo» e trattiene lo smog. Così le crisi sono ricorrenti, in questa stagione la concentrazione di particelle inquinanti raggiungono spesso livelli di guardia, e non è la prima volta che scuole e uffici restano chiusi nel tentativo di allentare la pressione. I numerosi piani per ridurre l’inquinamento atmosferico finora messi in cantiere non hanno dato grandi risultati: a vanificarli è l’impressionante numero di veicoli che circola per le strade della capitale iraniana. Si parla di 4 milioni di automobili, su una rete di strade che avrebbe la capacità  di reggerne 800mila – infatti il traffico è un incubo, gli imbottigliamenti sono epici nonostante la moltiplicazione delle autostrade urbane. Per lo più sono veicoli vecchi, motori sporchi. Sporco è anche il carburante che bruciano – ci sono state grandi polemiche sul calo della qualità  della benzina distribuita in Iran. Cattiva pianificazione, dicono i critici; troppa poca enfasi sul trasporto pubblico: nell’ultimo decennio Tehran si è arricchita di una metropolitana, ma le sue due linee non bastano ad alleggerire il traffico urbano. Alla circolazione di veicoli è attribuibile circa l’80% dell’inquinamento atmosferico a Tehran. Si aggiunga la concentrazione di fabbriche inquinanti nei sobborghi intorno alla capitale. Le sanzioni, la crisi economica, la disoccupazione crescente, le ristrettezze che cominciano a estendersi alle classi medie – nulla finora ha intaccato la mostruosa quantità  di veicoli che sparano gas di scarico a Tehran. Solo la pioggia ha momentaneamente ridato agli abitanti di Tehran la vista, pur sempre meravigliosa, delle montagne ormai innevate che la sovrastano.


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