Rivoluzione è un miliardo di donne che ballano

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Queste sono le parole con cui Eve Ensler, autrice de I monologhi della vagina e fondatrice del V-Day, ha lanciato la campagna «One Billion Rising» che oggi, in un evento planetario contro la violenza sulle donne, ha come scopo quello di raggiungere un miliardo di persone: un obiettivo che potrebbe essere anche superato in una giornata in cui invece di festeggiare san Valentino donne e uomini si alzeranno in piedi scegliendo di danzare in 189 paesi del mondo.
Le organizzazioni internazionali che hanno aderito vanno da Amnesty International a Equality Now, con testimonial del calibro di Robert Redford, Yoko Ono,Naomi Klein, Jane Fonda, ma anche il Dalai Lama, Anne Hathaway, Michelle Bachelet, Vandana Shiva e Berenice King, figlia di Martin Luther King.
«Che la violenza sia un tema cruciale su cui si discute a livello mondiale è un dato di fatto – dice Bianca Pomeranzi, membro del Comitato per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne delle Nazioni Unite (Cedaw) – lo dimostra il fatto che, per esempio, si è proposta l’ipotesi di una nuova Convenzione delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, per cui si pensa di fare una cosa specifica sulla violenza o di avviare un protocollo addizionale come aggiunta vincolante per i Paesi che hanno ratificato la Cedaw». La prossima «Commission on the Status of Women» (57a CWS), presieduta da Bachelet, sarà  dal 4 al 15 marzo al Palazzo di vetro di New York e si concentrerà  specificatamente sulla violenza contro le donne, e «credo – aggiunge Pomeranzi – che l’India e la parte asiatica insisterà  per avere questa Convenzione sulla violenza anche se a fronte di un grande interesse sul problema, il clima politico globale comprende forte pressione di gruppi meno inclini alla laicità , per esempio di alcuni stati arabi ma anche cattolici e protestanti, che introducono elementi di difficoltà  nella discussione alle Nazioni Unite».
A questo proposito è bene ricordare che diversi mesi fa al vertice di Rio + 20 sullo sviluppo sostenibile alcuni paesi – tra cui Siria, Egitto, Polonia e Cile, sotto l’azione coordinatrice del Vaticano – sono riusciti a “epurare” il paragrafo 244 dal testo della Conferenza sui diritti riproduttivi delle donne e sulla pianificazione familiare, dimostrando una alleanza interreligiosa che nel mondo rema unita contro i diritti delle donne. ««A livello internazionale – conclude Pomeranzi – alcuni stati con forte impronta religiosa tendono a mantenere un assetto patriarcale che è diventato un problema notevole anche all’interno dell’Onu, che non è più sotto la spinta della società  civile e dei movimenti delle donne come poteva essere un tempo. Per questo credo che quando bisognerà  discutere di femminicidio e discriminazioni fisiche delle donne non sarà  così facile perché, ad esempio, fenomeni come i matrimoni in età  precoce non vengono da tutti percepiti come violenza ma come inseriti in culture diverse. Un clima non del tutto favorevole, che però dovrà  fare i conti con donne che in tutto il mondo vogliono un’azione forte e decisa dell’Onu contro femminicidio e discriminazione».
In Italia la situazione è in bilico, perché il prossimo luglio ci sarà  la verifica delle raccomandazioni Cedaw del 2011 e oltre alle dimissioni in bianco e la firma della Convenzione di Istanbul (con ddl di ratifica), poco si è fatto per le donne e il tempo che rimane, con le elezioni, è davvero poco. Per questo l’adesione a «One Billion Rising», al quale partecipano 70 città  italiane e associazioni tra cui Emergency, Action Aid, No More!, l’Udi, DiRe, Giulia e Snoq, è un importante segnale per il prossimo Parlamento.
A Roma sono previsti flash mob tra cui Piazza del Popolo, Ponte Mazzini, Colosseo, Piazza di Spagna, mentre la festa sarà  alla Casa Internazionale delle donne (via della Lungara 9) dalle 18.30 in poi.


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