Uno stallo vistoso che rimanda tutto al Capo dello Stato

Loading

Ma in teoria potrebbe rivelare anche un aspetto positivo, perché permette una lettura più fredda del risultato elettorale del 24 e 25 febbraio scorsi. Pone tutti i partiti di fronte ai loro limiti non solo numerici ma politici.
E riconsegna al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, il compito immane di trovare una soluzione. La sua decisione di accertare «personalmente» come stanno le cose lascia aperta ogni possibilità , perché Bersani non ha rinunciato.
La nota del Quirinale fa trasparire una differenza di opinioni con un presidente del Consiglio incaricato che rivendica il «no» a «preclusioni» e «condizioni» incontrate nei suoi incontri. Non si può escludere a priori la possibilità  che nelle prossime ore possa prendere forma un «governo del Presidente», ma non è scontato. E comunque avverrebbe su uno sfondo fragile. È difficile, infatti, che un Pd uscito ridimensionato nelle proprie ambizioni di guida del Paese abbia verso una coalizione diversa un atteggiamento amichevole: a prescindere dagli errori tattici che Bersani può avere commesso con le insistite aperture al Movimento 5 Stelle.
È uno sforzo al quale i seguaci del comico Beppe Grillo hanno risposto con rifiuti ai limiti dell’insulto. E adesso lo stallo è ufficiale. L’incontro di ieri pomeriggio fra il presidente della Repubblica e Bersani è stato preceduto da parole dure di Sinistra e libertà , alleata del Pd, contro l’eventualità  di una sorta di nuovo governo tecnico o istituzionale; di fatto, contro qualunque intesa, diretta o indiretta, con il partito di Silvio Berlusconi; e il destinatario è sembrato Napolitano. Ma la sensazione è che siano state ribadite dal premier incaricato, non disposto a cedere per ottenere un mandato pieno.
Tanto nervosismo porta a pensare che dopo il 15 aprile possano aumentare le spinte per eleggere un presidente della Repubblica «di sinistra», rinunciando a trattare con il Pdl. Ma se questo fosse l’epilogo, il cosiddetto ingorgo istituzionale rischierebbe di degenerare in conflitto. L’intreccio e la sovrapposizione anche temporale fra crisi di governo e successione al Quirinale sono un fatto. Dal modo in cui verranno affrontati e risolti dipenderà  il destino di una legislatura nata debole per i risultati destabilizzanti delle elezioni di fine febbraio.
Aspetto più importante, però, è che l’impossibilità  di trovare uno sbocco ripropone le incognite sulla capacità  dell’Italia di affrontare una crisi economica e una diffidenza internazionale destinate a crescere. Per questo, alcuni partiti potrebbero arrivare alla conclusione che sia meglio ritornare alle urne subito, nella speranza o nell’illusione che l’elettorato compia scelte diverse. Sarebbe tuttavia un azzardo, che si cerca di scongiurare. Oltre tutto, toccherebbe al nuovo presidente della Repubblica sciogliere le Camere. E ci si troverebbe nella singolare condizione di un capo dello Stato appena proclamato, costretto a sciogliere il Parlamento che lo ha espresso.


Related Articles

Decreto dignità. Retromarcia del Pd sugli indennizzi ai licenziati

Loading

Sugli 850 emendamenti ieri sono stati ritenuti inammissibili 180. Da oggi le commissioni iniziano a votare, l’arrivo in aula alla Camera è previsto per giovedì 26 luglio

“Pensioni, sulla contingenza si può cambiare”

Loading

 Fornero: però a saldi invariati. E in tv scherza con Crozza sulle lacrime. Il comico: “Ministro, ce la facciamo una bella frignata”. E lei: “Ci provo”. Nel complesso la manovra è equa anche se, è amaro ammetterlo, impone sacrifici alla generazione presente. Ma lo fa per riequilibrare in favore delle generazioni future 

L’addio alle Province nel 2015 Risparmi per un miliardo l’anno

Loading

 I 72 casi in cui già non si voterà. Nove le città metropolitane

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment