Incubo aviaria, nove morti in Cina accuse al regime: “Nasconde la verità ”

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PECHINO — A dieci anni dall’emergenza Sars la Cina ripiomba nell’incubo dell’influenza aviaria. Governo e medici negano che il nuovo virus H7N9 si sia finora trasmesso da uomo a uomo e le prime analisi indicano che l’influenza non è epidemica nemmeno tra i volatili. Vittime e infettati però si moltiplicano e nella popolazione cresce il timore che le autorità , come nel 2003, nascondano la realtà  per evitare panico e ripercussioni economiche. Ad una settimana dalle prime notizie le vittime sono salite a 9, i casi conclamati a 33, mentre migliaia di persone sono sotto osservazione negli ospedali. Due morti e cinque infettati nelle ultime ventiquattro ore. L’epicentro del virus è stato localizzato nel mercato alimentare all’ingrosso di Huhuai, a Dongjing, a sud-ovest di Shanghai, la metropoli più colpita da un’epidemia che per ora copre un’area costiera di 600 chilometri quadrati, tra le regioni dello Zheijang, del Jiangsu e dell’Anhui.
Il vicepremier Liu Yandong, dopo che critiche alla reticenza e ai ritardi di Stato sono apparse anche sui giornali del partito, ha intimato a medici e funzionari locali di essere più trasparenti nelle informazioni e più tempestivi nell’individuare fonti di infezione e veicoli di trasmissione. Secondo l’Accademia cinese delle scienze, il nuovo virus sarebbe generato dal riassortimento genetico tra uccelli selvatici e polli, capace di generare un microrganismo letale. L’allarme si estende così a tutta l’Asia. Un bambino di quattro anni è morto in Vietnam, infettato dal vecchio virus H5N1. Taiwan, Hong Kong e Tokyo hanno intestificato i controlli negli aeroporti e stanno predisponendo test sui passeggeri che atterrano dalla Cina. Pechino lavora ad un vaccino, che richiederà  dai sei agli otto mesi prima di poter essere utilizzato. Per ora l’unica misura concreta di contrasto al virus è la strage di polli, piccioni, anatre e quaglie, bruciati a centinaia di migliaia. Nelle zone più colpite dall’influenza la gente si rifiuta di consumare carne bianca ed è assalto
alle mascherine anti-batteri. Ristoranti, mercati, scuole e compagnie aeree hanno cancellato il pollo dai menù e nel timore di un crollo del turismo le Borse già  penalizzano i titoli del settore. La tivù di Stato ha lanciato una campagna per informare che la tradizione di acquistare animali vivi, molto forte in Cina, «è ormai un rischio
troppo elevato per la salute ». La psicosi da aviaria ha indotto gli allevatori di piccioni viaggiatori a vaccinarne centomila solo ad Hangzhou, le autorità  hanno vietato il volo degli uccelli domestici fuori dalle gabbie, atterrandone oltre due milioni, e l’Indonesia ha bloccato l’importazione di piume d’anatra per il badminton, sport nazionale. Chiusi i mercati animali nello Zheijang e nel Jiangsu.
A preoccupare l’Organizzazione mondiale della sanità , l’area geografica di diffusione del virus insolitamente estesa, la mutazione del ceppo H5N1 nel più resistente H7N9 e il numero dei contagiati, già  superiore rispetto agli esordi dell’epidemia del 2003. Fino ad ora la comunità  internazionale non ha introdotto restrizioni alle importazioni di merci cinesi, ma i mercati sono in allarme e numerosi aeroporti si preparano a intensificare i controlli medici e veterinari. Pechino teme che l’aviaria possa frenare la sua crescita economica e alti funzionari parlano addirittura di una «cospirazione » per contenere l’ascesa della Cina. Sotto accusa gli Stati Uniti, a cui un ex generale dell’Esercito di liberazione del popolo imputa l’uso di «armi bio-psicologiche». Almeno tredici persone sono state arrestate con l’accusa di aver diffuso false informazioni sul virus H7N9, una decina sono in carcere e due sono state condannate ieri per «aver diffuso il panico via internet» inventando falsi casi per ottenere risarcimenti.
La rabbia della gente resta però indirizzata contro la drammatica situazione eco-alimentare del Paese. Da mesi si moltiplicano i casi di stragi di pesci nei fiumi tossici dei distretti industriali, mentre in marzo 20 mila maiali morti misteriosamente sono stati ripescati nel fiume da cui Shanghai attinge l’acqua potabile. Il cibo a rischio, assieme all’inquinamento, diventa l’emergenza interna che può davvero destabilizzare il potere di Pechino.


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