LA PATRIMONIALE DELL’INCERTEZZA

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Ormai, siamo davanti a un rompicapo: dopo l’Imu sugli immobili, la Tarsu sui rifiuti, la cedolare secca sugli affitti, sono in arrivo la Tasi sui servizi indivisibili (polizia locale, illuminazione pubblica e altro), la Tari che assorbirà la Tarsu, e la Trise, il nuovo tributo comunale composto dalle stesse Tasi e Tari.
Non è uno scherzo, ma ciò che hanno partorito in materia gli ultimi governi.
Vittime i cittadini: proprietari e inquilini. Nessuno è in grado di districarsi da solo in questo groviglio di norme, aliquote e addizionali. Tutti hanno bisogno di uno specialista. Anche il pensionato, che non ha altro che la casa d’abitazione e magari quella al paese d’origine, deve ricorrere ai patronati o a professionisti. E stiamo solo parlando delle procedure. Se poi qualcuno volesse anche capire se e quanto pagherà, dovrebbe consultare l’indovino.
Prendiamo la seconda rata Imu sulla casa d’abitazione. Il governo, quando a maggio abolì la prima rata, promise che avrebbe cancellato anche la seconda. Solo che a poco più di un mese dal 16 dicembre, giorno ultimo per pagare, l’esecutivo non ha ancora né varato il decreto legge necessario, né indicato come farà a trovare i 2,4 miliardi di entrate alternative. Tanto che ogni giorno fioriscono nuove ipotesi, dall’aumento delle accise (sigarette, alcol e benzin a ) a u n c o n t r i b u to straordinario sul settore bancario. E comunque non ha ancora chiarito se la cancellazione della seconda rata sarà totale o parziale.
I Comuni poi hanno tempo fino al 9 dicembre per deliberare sulle aliquote e, sempre a dicembre, scatterà l’aumento della tassa sui rifiuti, 30 centesimi in più a metro quadro. Poi qualcuno può meravigliarsi se non ripartono i consumi? Ci dicano che cosa dobbiamo fare: possiamo andare al ristorante con la famiglia o è meglio che i soldi li teniamo da parte per la seconda rata dell’Imu? Quando ce lo farà sapere il governo, il 15 dicembre? Purtroppo questa confusione è drammaticamente comprensibile, anche se non giustificabile.
Comprensibile perché, in verità, l’esecutivo Letta idee chiare sulla casa non le ha mai avute, per il semplice fatto che nella maggioranza e nella squadra di ministri convivono posizioni opposte. C’è chi l’Imu non l’avrebbe toccata per nulla e chi invece vuole cancellarla per sempre dal vocabolario.
L’idea della Service tax è nata così, per consentire ai primi di dire che attraverso Tasi e Tari un prelievo sulla prima casa sarebbe comunque rimasto, come avviene negli altri Paesi, e ai secondi di cantare vittoria sull’abolizione dell’Imu, salvo poi scoprire che dalla combinazione delle componenti del nuovo tributo potrebbe derivare un prelievo addirittura maggiore, anche sulle prime case.
Il governo smentisce che si pagherà di più e passa la palla ai Comuni: saranno loro a decidere, in omaggio al federalismo.
Ma il federalismo come alibi non è quello che serve. Vorremmo invece che il governo facesse chiarezza e partorisse un sistema semplice. È troppo?


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