Nigeria, sangue dopo il voto rieletto il cristiano Jonathan a fuoco chiese e moschee nel nord

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La vittoria elettorale di Goodluck Jonathan, colui che molti chiamano il «presidente per caso» della Nigeria, ha causato immediate violenze nel nord del paese, con scontri inter-religiosi e molte vittime, anche se per il momento nessun bilancio è disponibile. Le notizie vengono dalla Croce Rossa nigeriana e sono state confermate anche dal vescovo della diocesi di Kano, monsignor John Niyiring. «Tra gli edifici e i luoghi di culto dati alle fiamme», ha detto il prelato all’agenzia Misna, c’è anche «la Chiesa della Santa Croce nel centro della città », presa d’assalto da un gruppo di giovani. Monsignor Niyiring ha riferito che la città  è stata poi presidiata da reparti dell’esercito. Kano, nel nord, è la roccaforte politica di Muhammadu Buhari, il candidato sconfitto, che però in città  è stato il più votato. Buhari è musulmano, Jonathan cristiano (oltre che sudista), e questo basta a spiegare la piega di intolleranza religiosa che le violenze hanno subito preso. Oltre a Kano, secondo la Croce Rossa, ci sono stati disordini a Kaduna, Katsina, Adamawa, Niger, Jigawa e sicuramente anche in altre località . Case, chiese, moschee sono state incendiate. La vittoria di Jonathan – non riconosciuta dal suo avversario – è stata invece accolta molto positivamente dai mercati e dagli investitori stranieri, cioè, in primo luogo, dalle compagnie petrolifere che operano nella regione del delta del Niger. I disordini sono lontani dalla zona dei pozzi, hanno subito fatto notare gli analisti finanziari, e il nuovo presidente, uomo del sud, appare in grado di trovare un accordo con i movimenti ribelli del Delta e garantire che l’estrazione del greggio possa procedere indisturbata. Inoltre il suo successo è stato schiacciante – quasi il doppio dei voti di Buhari – e anche questo sembra promettere stabilità . Gli elettori di questo gigante africano – 150 milioni di abitanti, una delle economia in più rapida crescita del pianeta – la vedono probabilmente da un’altra angolatura. La Nigeria è l’ottavo esportatore di petrolio al mondo ma la maggior parte dei suoi abitanti non ha l’elettricità  in casa, e chi ce l’ha la riceve a singhiozzo. Un potere politico attento alle esigenze della popolazione non s’è ancora visto in cinquant’anni di indipendenza e questa è la prova alla quale è atteso il nuovo capo dello Stato e del governo federale. Goodluck Jonathan è detto il «presidente per caso» perché la sua carriera politica sembra guidata da scherzi del destino. Cominciò come vicegovernatore dello stato di Bayelsa, dodici anni fa, fino alla vicepresidenza, cui ascese più che altro in base a un sistema di quote regionali. Venne proiettato al vertice un anno fa, dalla malattia e poi dalla morte di Umaru Yar’Adua, di cui era il vice. La sua candidatura a queste elezioni non era affatto scontata, perché la regola non scritta del potere nigeriano vuole che ci sia un’alternanza tra un presidente del sud e uno del nord. Jonathan non ha rispettato la regola, e questa forzatura ha portato alla scesa in campo di Buhari, un uomo che governò soltanto un anno e mezzo, nel 1983-85, grazie a un colpo di Stato. Da quando il potere era tornato ai civili, si era candidato due volte senza successo. Con questa fanno tre.


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