Italia Lavoro reintegra 17 precari ma tanti altri restano a rischio

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 ROMA. Prima parziale “vittoria” per i precari di Italia Lavoro, l’agenzia vigilata dal ministero del Welfare che si occupa di collocamento delle persone svantaggiate: dopo una battaglia di diverse settimane, coperta intensamente dai media (il manifesto tra l’altro ha dedicato diversi articoli), sono stati reintegrati 17 collaboratori che erano stati licenziati in modo improvviso. I dirigenti, come è stato spiegato in un incontro di lunedì con la Cgil, hanno deciso di ripristinare i contratti rescissi per «riportare un clima più sereno in azienda». Ma non tutti i problemi sono risolti: restano in sospeso diversi lavoratori che erano scaduti, e che non hanno avuto il rinnovo.

L’antefatto: circa una quarantina di persone – inclusi i 17 che avevano ancora il contratto in corso – avevano mandato una lettera cautelativa rispetto agli anni pregressi di precarietà  (alcuni fino a 10 anni) così come previsto dal Collegato lavoro, la legge voluta dal ministro Maurizio Sacconi, che è anche titolare del ministero che vigila l’agenzia. Ricevute le lettere, erano partite in risposta le comunicazioni di “rescissione unilaterale dei contratti”, ritirate quindi l’altroieri. Tra i licenziati c’erano anche una donna al sesto mese di gravidanza e un uomo che aveva subito da poco un delicato intervento, e dunque certamente reincluderli nel personale contribuisce a “rasserenare”. Restano però fuori, come detto, qualche altra decina di persone che erano già  scadute nei mesi scorsi: e va ricordato che gli stessi 17 scadono a dicembre, dunque il loro problema è purtroppo solo rinviato.
«All’incontro siamo andati Nidil e Fisac Cgil insieme, per rappresentare sia i dipendenti che gli “atipici” – spiega il segretario nazionale del Nidil Cgil, Roberto D’Andrea – In Italia Lavoro ci sono circa 400 dipendenti diretti, tra indeterminati e a termine, e oltre 600 collaboratori. Il capo del personale e i responsabili delle relazioni sindacali hanno provato a separarci, dicendo che non rappresentiamo categorie omogenee, ma abbiamo replicato che la Cgil è una e tratta sempre per tutti i lavoratori».
Superato questo primo scoglio, si è discusso dei 17 “rescissi”: «I dirigenti di Italia Lavoro – continua il segretario del Nidil Cgil – ci hanno subito detto che era “argomento concluso” perché avevano già  provveduto a contattare i collaboratori per comunicare il reintegro immediato. A quel punto abbiamo chiesto come si sarebbero comportati invece rispetto a chi ha pure scritto le lettere cautelative ma è già  scaduto, e non è mai stato contattato per il rinnovo. Su questo problema non ci hanno fornito risposte soddisfacenti».
Per la Cgil dunque resta aperto tutto il contenzioso: «Non solo le lettere di chi è scaduto – dice D’Andrea – ma anche quelle dei 17 lavoratori reintegrati restano valide, e passati 270 giorni, cioè in autunno, molti di loro potranno decidere di andare in causa. E noi ovviamente li sosterremo: abbiamo detto all’azienda che c’è un solo modo per affrontare questo contenzioso, ovvero le vie legali o un accordo sindacale. Ma su questo punto non ci sentono».
Le lettere, e le conseguenti cause, potrebbero anche moltiplicarsi: infatti entro fine anno andranno in scadenza quasi tutti i 600 collaboratori di Italia Lavoro, sui quali vige la regola aziendale che non si possono fare contratti a progetto oltre 36 mesi. Su questo nodo la Cgil chiede che la norma «venga eliminata del tutto», e l’azienda ha risposto che «rivedrà  l’accordo per tutelare le professionalità  – spiegano sempre al Nidil – ma senza una trattativa con il sindacato, cioè unilateralmente».
Italia Lavoro starebbe affrontando una riorganizzazione, e dunque fatte salve le cause che avrà  potuto pure mettere in conto, è probabile che voglia “dimagrire” il personale nei prossimi mesi. In parallelo anche all’Isfol – istituto di ricerca vigilato ugualmente dal Welfare – ci sono ben 300 tempi determinati che scadono a fine 2013 (a fronte di altrettanti dipendenti fissi) e regna la stessa “confusione” e incertezza. Tra i precari c’è il timore che un’integrazione tra agenzia e istituto, in un prossimo futuro, si avvantaggerebbe di uno “snellimento” complessivo.


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