La giustizia è solo un’azione giusta Un incontro con Amartya Sen

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Amartya Sen, premio Nobel 1999 dell’economia, in visita a Roma nella sua veste di filosofo morale, ha partecipato a una giornata di studio dello Spi – sindacato Pensionati della Cgil -, coordinata da Mario Sai. Dopo un’introduzione della segretaria generale Spi Carla Cantone, il grande studioso indiano ha preso la parola, svolgendo i temi della sua «Idea di giustizia». Sono seguite le repliche e i commenti di Riccardo Terzi, anch’egli dirigente Spi, di Fabrizio Barca, economista e buon interprete di Sen; di Guglielmo Epifani, fino all’autunno segretario generale della Cgil e attualmente presidente della Fondazione Bruno Trentin, sostenitore dell’universalità  dei diritti; e della sociologa Chiara Saraceno che ha l’argomento vincente di una giustizia assai parziale finché esclude le donne. Il folto pubblico, prevalentemente composto di sindacalisti e pensionati, si è espresso attraverso gli interventi e i racconti di esperienze «di mobilitazione sindacale e di di azione locale per porre rimedio alle ingiustizie» svolti da esponenti locali dello Spi. A tutti gli interventi ha risposto Sen, alla fine di una densa discussione sulla giustizia che metteva in pratica le forme della democrazia, fatta di discussione e partecipazione che Sen ci insegna da qualche anno. Per un curioso paradosso, a centopassi dal Teatro Capranica della «Giornata di studio» si ergeva oscura la Camera dei deputati, rallegrata appena dalle bandiere dei referendum che la fronteggiavano. Due altri modi di fare la democrazia: poco lontano dalla discussione tra un grande saggio e le persone informate e generose, pronte a imparare da lui, vi era la propaganda e la partecipazione aperta in vista del referendum e infine la democrazia un po’ asfittica della maggioranza e dei decreti con annessa fiducia. 

Le tre diverse forme di democrazia che si incontravano, sfiorandosi, nel centro di Roma, erano uno spunto per entrare nello spirito del discorso sulla giustizia di Sen. Al centro del suo intervento la nota metafora del flauto che Sen ha ripetuto, scusandosi per non averne inventata una nuova. Ci sono tre bambini che si contendono un unico flauto. Una bimba dice: «tocca a me perché io sola lo so suonare». Il secondo bambino obietta che il flauto gli spetta perché egli è il più povero e non ha altri giocattoli. Il terzo ha un argomento che sembra fortissimo: «è mio. Sono io che lo ho costruito». Sen si serve del flauto e delle posizioni A-B-C per farci ragionare. Egli combatte – gentilmente – come è suo metodo, ogni filosofia della giustizia assoluta e perfetta che attribuisce a un modello, occidentale ma non solo, che muove da Hobbes per arrivare a Rawls. Le tre posizioni hanno una forma di giustizia dalla loro parte. Occorre scegliere la meno ingiusta, la meno offensiva, oppure svolgere un ulteriore processo di apprendimento e di discussione. E c’è nel suo ragionamento un continuo rinvio dalla elevata teoria al mondo reale della società  com’è. La posizione A è quella – nobile – degli «utilitaristi» di ogni epoca e territorio. Le altre due, la B degli egualitari e la C dei «libertari» si contendono le scelte socialiste. E Marx, a detta di Sen, propendeva per la posizione B. Ma Sen non si accontenta; suggerisce un metodo, una tecnica comparativa. Mettendo a confronto le tre soluzioni pratiche di un problema di giustizia, è possibile trovare una posizione ottimale, scartare una affrettata e più ingiusta. La giustizia, si direbbe, è anche parzialità , confronto; non verità  innata e trascendente. 
La giustizia assoluta e trascendente ha poi il difetto di essere nazionalistica. E’ infatti molto difficile applicarla ai cittadini degli altri mondi, come se fosse decisivo il fatto di non avere stretto quel patto primigenio con il sovrano da cui dipende tutto il corso seguente della giustizia e delle libertà  individuali. Sen ha parole davvero speciali per descrivere questa forma di giustizia e di democrazia del privilegio. Improvvisamente le convinzioni internazionaliste di molti di noi, di molti dello Spi e della Cgil acquistano una forza maggiore. E’ la forza insuperabile della saggezza, della giustizia benevol


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