La passione per il seggio dei ventimila candidati

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Villaricca, tra i comuni più poveri d’Italia, porta un nome che è una beffa. Di una cosa però è ricca davvero: di candidati. Che grondano da 24 liste come i grappoli di glicine ad aprile: sono 378. Uno ogni 80 abitanti. Un primato planetario. Ma dentro una patologia che riguarda tutta l’Italia. Cala il tessile, boccheggia il chimico, arranca il metalmeccanico e fatica l’automobilistico ma il settore della politica non conosce cali di produzione. Lo conferma un’inchiesta del Sole 24 Ore.
L’inchiesta spiega: «Soltanto nei 30 capoluoghi di provincia pronti al rinnovo dei consigli municipali, se si mettono in fila tutti i nomi che compaiono sui manifesti elettorali si arriva alla cifra di 20 mila candidature» . Un delirio. A Torino, come ha scritto Marco Imarisio sul Corriere, hanno impiegato due settimane per concentrare in una sola scheda i nomi dei 12 aspiranti sindaci e delle 37 liste che li sostengono e raccolgono complessivamente 1.500 candidati al consiglio comunale. Per non dire degli altri 4.500 in corsa per le dieci circoscrizioni cittadine. Misura della scheda: 64 centimetri. Se sotto la Mole pensano d’aver fatto il record, però, si rassegnino: quello resta nelle mani di Messina. Dove alle comunali del dicembre 2005 si candidarono sotto 41 simboli la bellezza di 1.755 cittadini, tra cui 111 medici e il popolarissimo barista del «caffè ’ ddu pappajaddu» Pippo Famulari più un’affamata orda di aspiranti consiglieri circoscrizionali. Il che costrinse la tipografia a stampare un lenzuolo elettorale mai visto nella storia: 97,5 centimetri di larghezza, 48,3 centimetri di altezza. Dice tuttavia l’inchiesta del Sole che, nonostante il taglio dei seggi in palio nelle 11 province (264 invece di 328: 64 in meno) e nei comuni capoluogo in cui si vota (1.032 scranni invece di 1226: 194 in meno) il numero delle liste è aumentato, rispetto a cinque anni fa, del 13%. Arrivando a una quota mostruosa: 629 simboli. Tra i quali alcuni strabilianti. Come quello che troveranno sulla scheda gli elettori di Oria, provincia di Brindisi: il simbolo delle Persone Indipendenti Libere Unite. In sintesi: Pilu. Se quel genio di Antonio Albanese deciderà  di dar battaglia in tribunale per difendere (come provocazione, si capisce) il copyright del «suo» partito, si vedrà . Certo è che il candidato sindaco di Oria impadronitosi della stralunata creatura di Cetto Laqualunque, cioè il poliziotto in pensione Francesco Arpa (memorabile il suo messaggio: «Arpa sindaco: tutta un’altra musica» ) è andato oltre. E ha proposto slogan d’inarrivabile demenza. Un esempio: «Ti piace il P. I. L. U.? Dimostralo: vota Arpa sindaco!» . Un altro? «Lista Pilu, che figata!» . Parole che resteranno scolpite a ricordare come la lotta politica in Italia, dopo gli scontri epocali del passato tra democristiani e comunisti, abbia preso davvero una brutta china. Il guaio è che sono rarissimi i Maradona nel calcio, rarissimi i Carreras nella lirica, rarissimi i Fellini nel cinema. Più ancora, rarissimi gli statisti. E più allarghi il numero dei calciatori, dei cantanti d’opera o dei cineasti più, fatalmente, abbassi il loro livello. Con una differenza: i mediocri negli altri settori vengono spietatamente eliminati, in politica no. Anzi, il mediocre fedele, obbediente, disposto a tutto pur di avere un seggio, una poltrona, uno strapuntino, viene sempre più preferito a chi palesa un briciolo di spirito critico. Spiega lo studio Il mercato del lavoro dei politici di Antonio Merlo della University of Pennsylvania, Vincenzo Galasso della Bocconi, Massimiliano Landi della Singapore Management University e Andrea Mattozzi del California Institute of Technology, studio elaborato sui dati di tutti i parlamentari italiani dal 1948 al 2007, che «la percentuale dei nuovi eletti in possesso di una laurea è significativamente diminuita nel corso del tempo: dal 91,4%nella prima Legislatura, al 64,6%all’inizio della quindicesima. Un crollo di 27 punti» . In America, per fare un paragone, i laureati in Parlamento sono invece saliti al 94%. Trenta punti sopra di noi. Va da sé che quando gli inviati de Le Iene vanno a mettere il microfono sotto il naso dei nostri deputati e dei nostri senatori raccolgono le risposte che conosciamo e che hanno fatto ridere l’Italia: «Che cos’è Al Jazeera?» «Lei cosa pensa che sia… È un movimento dell’estremo… arabo… di carattere islamico, della Jihad… Così mi ricordo, almeno» . «Che cos’è il Darfur?» . «Sono cose fatte in fretta. Sono cose velocissime…» . Per non dire degli strafalcioni su Garibaldi, l’incontro di Teano, Porta Pia… C’è poi da stupirsi se, visto il livello bassissimo di alcuni dei nostri rappresentanti incredibilmente finiti a Montecitorio o a palazzo Madama, una gran massa di persone cerca di uscire dalla propria condizione plebea per dare la scalata alla politica? Non è desiderio di partecipazione democratica: è una febbre di scalata sociale. «Se ce l’ha fatta lui: perché non noi?» . Se non ci fossero, in questa turbolenta calca di assatanati, 1300 candidati nella sola Campania sotto osservazione da parte della polizia e dei carabinieri per gli ambigui rapporti con la criminalità  organizzata (un candidato su cinque, circa) ci sarebbe da sorridere. Se non ci fossero personaggi come Ciro Caravà , che dopo essere stato candidato alle ultime Regionali nella lista di Anna Finocchiaro, cerca di essere rieletto sindaco di Campobello di Mazara spiegando agli elettori (lo ha scritto su Marsala. it Giacomo di Girolamo) di aver trovato un codicillo del 1971 che gli consentirà  di non abbattere mille case abusive destinate alla demolizione, ci sarebbe davvero da sorridere. I manifesti affissi sui muri sono spesso irresistibili. Alberto Astolfi, in canottiera marinara, declama a Rimini: «Ho sempre remato per la mia città » . Paolo Farina si presenta come «un casertano con il verde in testa» e dalla crapa pelata nello spot gli spuntano foglie. Maria Grazia Bafaro spara grande grande una scarpa rossa col tacco a spillo che diventa una penna: «Donna pensante di sinistra» . Antonio Gallina, candidato alle Comunali di Terrasini, schiera tre uova: «Gallina sindaco: schiudi il tuo domani» . E insomma si buttano tutti in messaggi così strambi, eccessivi o deliranti che alla fine quasi non ti accorgi che sui muri di Bologna ci sono i manifesti anche di un gorilla con la cazzuola: «Un sindaco muratore per ricostruire la giungla banana su banana» . Tranquilli, è una provocazione: non è candidato. Almeno lui, no. Gian Antonio Stella


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