Scontri fra copti e musulmani l’Egitto ripiomba nel caos

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GERUSALEMME – L’Egitto post-rivoluzione ha conosciuto un’altra sanguinosa giornata, l’odio etnico-religioso – che come un fiume carsico attraversa la società  egiziana – è esploso ieri notte con l’assalto a colpi di molotov e di pistola di un gruppo di musulmani salafiti contro una chiesa copta del quartiere Embaba nella periferia della capitale. Ne è nata una sparatoria andata avanti per ore prima che polizia e esercito, accorsi in forze, riuscissero a colpi di lacrimogeni a disperdere gli schieramenti. Pesante il bilancio degli scontri: dodici i morti, oltre duecentotrenta i feriti, duecento gli arrestati. Il timore che la violenza etnico-religiosa dilaghi ha spinto il premier Essam Sharaf a cancellare il suo viaggio nel Golfo e convocare immediatamente un vertice di governo e il ministro della Giustizia Mohamed Abdel Aziz el-Guindy ad annunciare che «verrà  usato il pugno di ferro per tutelare la sicurezza nazionale». Tutti gli arrestati, ha annunciato, saranno giudicati non dai tribunali civili ma da quelli militari. 

Gli incidenti sono avvenuti nella notte fra sabato e domenica nel quartiere periferico di Embaba attorno alla chiesa di Saint Mina. Non è ancora ben chiaro che cosa abbia innescato i disordini. Il ministro dell’Interno Mansour el Essawi ha parlato in tv di un matrimonio contestato tra un musulmano e una cristiana. Diversi testimoni invece hanno riferito che centinaia di salafiti hanno circondato la chiesa dove secondo loro era stata rinchiusa una donna convertitasi all’Islam. È stato chiesto insistentemente che la donna fosse fatta uscire ma le guardie di sorveglianza del luogo di culto si sono rifiutate. Ne è seguito un alterco sempre più acceso, una sassaiola, poi le bottiglie molotov e una fitta sparatoria arrestata solo da polizia e militari con i gas lacrimogeni. 
Gli incidenti di ieri sera rappresentano una preoccupazione in più per le autorità  egiziane che, dopo le proteste popolari che lo scorso febbraio hanno portato alla caduta del presidente Hosni Mubarak, stanno cercando di riportare il paese alla normalità . I rapporti tra musulmani e cristiani in Egitto hanno conosciuto momenti di gravi tensioni. La minoranza copta, che rappresenta il 10 per cento degli 80 milioni di egiziani, lamenta di essere discriminata per motivi religiosi. Uno dei motivi di maggiore attrito tra le due comunità  sono le conversioni di cristiani all’Islam. 
Le proteste anti-Mubarak dello scorso febbraio sembravano avere appianato le divergenze, musulmani e cristiani si erano ritrovati fianco a fianco su piazza Tahrir al Cairo per chiedere al raìs di lasciare il potere. Le contestazioni anti-regime avevano persino fatto dimenticare la strage di Capodanno ad Alessandria d’Egitto, dove un’autobomba era esplosa tra il 31 dicembre e il 1 gennaio davanti ad una chiesa alla fine della messa di mezzanotte, provocando 23 morti. L’attentato era stato attribuito ad estremisti islamici.
Ieri una delle più alte autorità  religiose del paese, il Gran Mufti Ali Gomaa, ha chiesto di «non mettere a rischio la sicurezza del paese» affermando che i responsabili delle violenze «non possono essere persone veramente religiose, cristiane o musulmane». Sulla stessa linea l’Università  di Al Azhar – massima autorità  sunnita – questi atti di intolleranza «non hanno nulla a che vedere con la religione, ma sono atti di «brigantaggio».


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