I rom d’Inghilterra eleggono il loro re

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LONDRA – La Gran Bretagna ha una regina, e questo si sapeva. Adesso però ha anche un re. Dotato di corona, scettro, trono: dunque un vero re. Solo che non fa concorrenza a Elisabetta II: si accontenta di regnare sul quasi mezzo milione di zingari del Regno Unito. Cinquant’anni or sono i suoi seguaci lo avrebbero scelto con un lungo, estenuante, sanguinoso combattimento a mani nude: il più forte, colui in grado di stendere a terra tutti gli sfidanti, riceveva il titolo di «re degli zingari», quindi montava a cavallo e andava a celebrare l’elezione con una grande festa di musica e danze, davanti a un falò, nel suo accampamento. Ma i tempi cambiano, anche per il popolo Rom, che ieri ha eletto un re con un sistema sconosciuto ai propri antenati: il voto democratico.
Si affrontavano diciannove candidati, in rappresentanza di cinque differenti comunità  etniche gitane, sparse per dieci città  del Regno Unito (tra cui Londra, Manchester, Birmingham, Leeds, Bolton e Bradford), dove si calcola che oggi vivano 360 mila Rom in abitazioni permanenti più altri 100 mila in roulotte che conducono ancora un’esistenza nomade. Alla fine, contate migliaia di schede, arriva il risultato: viene proclamato vincitore Ladislav Stojka, 53 anni, naso schiacciato (che abbia fatto un po’ di pugilato anche lui, da giovane?) ma inappuntabile abito grigio.
Una reginetta di bellezza di 17 anni dai capelli rossi, Maria Kalinacoba, recentemente eletta Miss Rom 2011, gli posa sul capo una corona di porpora e pietre (probabilmente) preziose, quindi gli consegna il tradizionale «bastone del comando», insomma lo scettro, e lo fa accomodare sul trono. Scoppiano grida di evviva, brindisi, balli, ma niente cavalli e neppure carrozze per il nuovo sovrano: che sale su una limousine da uomo d’affari con cui raggiunge un party organizzato da parenti ed amici nella sua casa di Peterborough, nel Cambridgeshire, dove vive da oltre un decennio.
La proclamazione del «re degli zingari» è un rito antico come i Rom. Vi sono stati re degli zingari in ogni paese in cui hanno vissuto popolazioni gitane, in Romania, Polonia, Bulgaria, Ungheria, Italia, perfino negli Stati Uniti e poi in Inghilterra, Galles e Scozia, dove si sarebbe svolta l’elezione del primo di cui si ha notizia (a pugni, per l’appunto), Johnnie Faa di Dunbar, nel 1540. Ma la cerimonia di incoronazione nel municipio di Peterborough segna una svolta nella storia Rom, a sentire i loro portavoce. Per la prima volta, il «king of the gypsies» viene scelto con metodo democratico. E per la prima volta non sarà  un monarca assoluto, bensì alla testa di una sorta di monarchia costituzionale: «Questo è il primo passo per creare un Gran Consiglio degli Zingari, in cui il re discuterà  il da farsi insieme ad altri membri della nostra comunità », dice Roman Cicko, Rom di origine slovacca, emigrato in Gran Bretagna nel 1999, presidente del comitato elettorale. Il re e il Gran Consiglio agiranno come punto di contatto tra i Rom e la polizia, le autorità  locali e il governo nazionale, principalmente su questioni che incoraggino l’integrazione. «Vogliamo vedere», aggiunge Cicko riecheggiando la celebre frase di John Kennedy, «quello che noi possiamo fare per questo paese, piuttosto che quello che questo paese può fare per noi, dopo averci offerto asilo».
Ci sono nazioni in cui i politici diffondono la paranoia di «zingaropoli», insomma, e altre in cui gli zingari fanno politica.
I Rom che risiedono in Gran Bretagna organizzano ancora fiere tradizionali, con cavalli, musiche e balli, due volte all’anno, a Stow-on-the-Wold, nel Cotswold; ma la stragrande maggioranza vive nelle città , abita in appartamenti e lavora regolarmente nelle professioni più varie. «L’elezione democratica del re è un altro modo di sottolineare come siamo cambiati», spiega Cicko. «Ci siamo integrati. Non viviamo più in roulotte. Non vogliamo un’esistenza separata dal resto della popolazione britannica e per questo è importante mostrare un volto normale all’opinione pubblica». Un re, si potrebbe obiettare, non è tanto normale, specie in un paese che ha già  una regina: non sarebbe stato più semplice eleggere un presidente? «Avere un re è un punto non negoziabile», replica il capo del comitato elettorale. «Fa parte delle nostre tradizioni e non vogliamo rinunciare del tutto alle tradizioni, perché è attraverso di esse che esprimiamo la nostra identità . Ma sarà  un re responsabile. Un re in doppiopetto».
Beninteso, i pregiudizi esistono anche qui e non scompaiono di colpo. «E’ un’ottima cosa che i Rom scelgano delle persone che rappresentano la loro comunità », osserva l’ispettore Matt Newman della polizia del Cambridgeshire. «Dal nostro punto di vista è un bene che ci sia qualcuno con cui poter parlare, se sorge un problema». Ma il primo «re degli zingari» democratico, ispirato da Kennedy, potrebbe risolverglieli i problemi, invece di crearne.


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