Quartieri Spagnoli fai-da-te studenti, operai, casalinghe i nuovi spazzini dei vicoli

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NAPOLI – Ai Quartieri spagnoli, nel cuore antico di Napoli, i «masaniello» della rivolta anti-rifiuti si sono imposti su tutto e tutti. Sulle istituzioni, incapaci per giorni di ripulire i vicoli. Su chi ha provato a tenere linde soltanto le vie dello shopping. E anche su chi voleva impedire la raccolta per speculare sull’ennesima crisi. E per farlo hanno dato vita a una vera e propria rivoluzione: la raccolta «fai da te». Organizzata da disoccupati e professionisti. Da massaie e donne in carriera. Classi sociali opposte che per una volta hanno marciato insieme, nel cuore della notte. Liberando le strade. Cancellando un incubo.
Le strade dei Quartieri spagnoli sono state ripulite dalla rivolta spontanea, improvvisa e decisa, di abitanti e commercianti. Di chi vive e lavora nel dedalo di vicoli che si affaccia sul salotto buono della città . Via i cassonetti della spazzatura. Trascinati con rabbia fin giù in via Toledo, nell’altra Napoli, quella delle boutique eleganti e dello struscio. Via la spazzatura «scacciata» dai vicoli e messa in bella posa per le macchine fotografiche dei turisti. «Almeno così gli togliamo la fatica di salire fin qui per fotografare i cumuli. Era diventato lo spasso degli stranieri», dice Carmine, affacciandosi alla porta del suo basso. 
Adesso i Quartieri spagnoli sono forse la zona più pulita di Napoli. Da un paio di giorni i ristoranti sono tornati a riempirsi di turisti che salgono per i vicoli per gustarsi le prelibatezze della cucina partenopea e non per immortalare le montagne di «monnezza». «Ce n’era così tanta che non si poteva neanche attraversare la strada», spiega Crescenzo Coppa, proprietario di un ristorante che per un paio di giorni è rimasto chiuso proprio a causa dei rifiuti.
La gente del quartiere è decisa a mantenere i vicoli puliti. Nel rione non ci sono quasi più cassonetti: ne sono rimasti alcuni solo in piazza Sant’Anna di Palazzo, ma di giorno sono coperti da un ampio e spesso telone su cui è stato piazzato un cartello chiarissimo: «La spazzatura si butta solo dopo le 20».
Ma questi raccoglitori rappresentano un’eccezione, perché la gente si è autoimposta il divieto assoluto di lasciare i rifiuti nel quartiere. «Chi lo fa le prende di brutto», chiarisce senza tanti giri di parole Anna, casalinga che assicura di voler fare la raccolta differenziata porta a porta: «Noi siamo pronti e abbiamo dimostrato che non è colpa nostra se non si fa». Nei vicoli è scattato un rigoroso sistema di controllo, affinché «l’ordinanza» «fai da te» venga rispettata. E la gente del posto giura che la criminalità  organizzata, che è sospettata di alimentare le proteste di questi giorni, non c’entra. «Ma quale camorra, abbiamo fatto da soli – spiega Antonio, ambulante che qualche grattacapo con la giustizia l’ha avuto – è stata una sommossa popolare. L’altra sera a portare via spazzatura e cassonetti c’erano anche alcuni professoroni, fianco a fianco con la gente più umile. E vi dirò di più: chi era agli arresti domiciliari applaudiva dalle finestre». 
Il pregiudicato che tifa per il professionista, l’affermato laureato che prende la spazzatura insieme con la massaia. Nelle scorsi notti è accaduto anche questo. «Sì, è vero – conferma Guya Lo Russo, avvocato di vico Santa Teresella – per una volta c’era un quartiere unito senza alcuna distinzione sociale. Avevamo lo stesso dramma: i rifiuti e l’abbiamo affrontato insieme». A liberare i vicoli dalle montagne di «monnezza» anche Simona, storica dell’Arte, e la madre, Caterina Corti, insegnante liceale. Presenti, protetti da mascherine, Stefano, ingegnere, e Marco, docente universitario. Fianco a fianco con disoccupati, operai e con chi vive alla giornata, con chi tira avanti tra mille espedienti. Tutti uniti per tentare di uscire dall’incubo spazzatura. Anche se l’unica soluzione trovata è stata quella di spostare il «guaio» in un’altra zona. A discapito di altri napoletani che hanno visto le loro strade riempirsi della monnezza proveniente dai Quartieri e che ieri si sono addentrati nei vicoli per protestare. «Ma tanto da loro la tolgono – sostiene Guido D’Aniello, macellaio di via Speranzella – e di noi, invece, se ne fregano. È sempre stato così: se non ci aiutiamo da soli possiamo anche crepare sotto all’immondizia».

 


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