Mediolanum, una mail accusa la Finanza “Quando arrivano qui che diciamo?”

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ROMA – Poche righe e una domanda che tradisce una preoccupazione: “Ma quando arriva la Finanza, che dobbiamo dire?”. E’ questa breve e-mail interna, scambiata nel marzo di quest’anno, tra due funzionari di Mediolanum alla vigilia di un accertamento fiscale “a sorpresa” (ma che evidentemente a sorpresa non fu) ad accusare una “talpa” della Guardia di Finanza dell’ennesima e politicamente significativa fuga di notizie che, come già  anticipato ieri da “Repubblica”, consegna alla Procura di Milano, dopo Napoli, il secondo fronte di inchiesta sull’infedeltà  di ufficiali delle fiamme gialle. Il procuratore aggiunto Alfredo Robledo, che allo stato procede “contro ignoti” per rivelazione di segreto di ufficio, ha interrogato ieri i due funzionari di Mediolanum che scambiarono quella mail e la sua indagine promette di muoversi con una qualche rapidità . Anche perché, di questa vicenda, del suo contesto e di alcuni dei suoi protagonisti esiste già  un canovaccio.
E’ il marzo scorso, si è detto. E le cose, per quanto documentano sin qui gli atti delle procure di Milano e Napoli, vanno così. Il Nucleo di polizia tributaria di Milano, nel suo piano di «verifiche fiscali programmate sui grandi contribuenti», decide di fare visita a sorpresa alla Mediolanum, la holding di banca e assicurazioni del gruppo Fininvest (società  quotata in borsa con una capitalizzazione superiore ai 2 miliardi di euro), di cui è presidente Ennio Doris. Anche perché, nei conti di quel gruppo, come segnala l’Agenzia delle entrate, qualcosa non torna (sono 150 i milioni che sarebbero stati sottratti all’imposizione nel solo settore bancario tra il 2005 e il 2009). Con un “tax rate” reale, che si attesta al 18 per cento, grazie alla domiciliazione fiscale in Irlanda delle principali società  della holding.
In Mediolanum arriva dunque la visita “a sorpresa”. Che di sorprendente, però, ha solo la mail che i militari del nucleo di Polizia Tributaria trovano negli uffici del Gruppo. Quelle poche righe sono inequivocabili. Qualcuno ha avvertito della verifica. E quel qualcuno non può che indossare un’uniforme della Guardia di Finanza. E’ una notizia di reato di evidenza solare che il comandante del Nucleo, il colonnello Vincenzo Tomei (uno degli ufficiali che Vincenzo Visco tentò di trasferire da Milano nel 2007, su cui si accese il caso “Speciale”, e intorno al quale la Procura di Milano fece quadrato difendendone la professionalità  e lealtà ), formalizza in una relazione consegnata al procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco.
Passano due mesi e la scena si sposta a Napoli. Il 18 maggio, Marco Milanese torna a deporre per la seconda volta di fronte ai pm Woodcock e Curcio. I due magistrati lo sollecitano chiedendogli se sia al corrente di altre fughe di notizie su cui vi siano le impronte digitali del generale Michele Adinolfi, capo di stato maggiore, già  indagato per favoreggiamento e rivelazione di segreto di ufficio nel caso Bisignani. Milanese risponde così: «Vi dico che il generale Emilio Spaziante potrebbe riferirvi particolari su alcune informazioni che Adinolfi avrebbe “passato” agli interessati in occasione di una verifica fatta dalla Guardia di Finanza ad una importante società ». Ventiquattro ore dopo, il 19 maggio, Spaziante conferma la circostanza ai pm. Dà  un nome a quella «importante società ». Dice: «E’ possibile che abbia raccontato a Milanese che ci sia una “voce” diffusa all’interno del nucleo di polizia tributaria di Milano, secondo cui, durante una verifica, credo a Mediolanum, i sottufficiali abbiano trovato un appunto o comunque un documento da cui sembrerebbe che Mediolanum era stata preavvertita. Il colonnello Tomei potrà  essere più preciso».
A fine maggio, da Napoli, i due verbali prendono “per competenza territoriale” la strada di Milano e arrivano sul tavolo del procuratore Alfredo Robledo. E qui, in Procura, dove già  è stata depositata la relazione di Tomei, l’incrocio diventa agevole. Le testimonianze di Milanese e Spaziante raccontano la stessa storia documentata nella relazione del colonello Tomei, che Robledo acquisisce. In un’inchiesta che non ha ancora indagati ma che, non fosse altro per la suggestione proposta dalla coppia Milanese-Spaziante, rimette al centro della scena il generale Adinolfi, i cui legami con il mondo Fininvest e il suo proprietario, Silvio Berlusconi, datano i giorni del suo comando a Monza. Anche se, va aggiunto, oggi, l’intera catena gerarchica della Finanza in Lombardia è di osservanza Pdl. Dal comandante regionale Renato Russo, al comandante interregionale Daniele Caprino.
I prossimi giorni diranno. Per ora, ci sono da registrare le parole del generale Adinolfi, che ieri, con una lunga nota inviata a “Repubblica”, ha voluto «difendere la correttezza dell’operato della Guardia di Finanza». «Colpiscono me – scrive – per colpire l’Istituzione, strumentalizzando dichiarazioni rese nei miei confronti». «Io sono assolutamente sereno – aggiunge – perché il mio comportamento è stato corretto e le indagini accerteranno se le accuse sono fondate o se sono vittima di una calunnia. Ma ribadisco che la Guardia di Finanza è un’Istituzione sana».


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