Tabloid-gate, Murdoch vola a Londra giornalisti in trincea: “Pronti a fare causa”

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LONDRA – Un vice direttore uscito a parlare con i giornalisti assiepati davanti all’ingresso di News of the world con la voce rotta dal pianto e un ultimo numero di cinque milioni di copie contro le normali due e mezzo: «Grazie e addio», ci sarà  scritto in copertina. Ieri a Wapping, il quartiere di Londra dove ha sede la News International di Rupert Murdoch, dal mattino si attendeva l’arrivo dell’uomo che ha spinto al limite il giornalismo del “sesso, soldi e sangue”. Murdoch non è venuto per il funerale del quotidiano popolare più rappresentativo della sua idea di notizia, ma il suo arrivo è atteso per questa mattina. E sarà  lui ora a gestire lo scandalo delle “spiate illegali”. La prima mossa è la conferma di Rebekah Brooks, contestato amministratore delegato delle attività  del gruppo in Gran Bretagna: «Sostegno totale, non spingerò alcun innocente sotto l’autobus», ha detto il tycoon. Ma il requiem c’è stato lo stesso, un rito triste per i 280 giornalisti che da oggi sono senza una testata in cui lavorare.
Il direttore Colin Myer, ha mandato avanti il vice Alan Edwards, che è uscito dal fortino per parlare: «Siamo professionisti di talento, onesti e orgogliosi del nostro lavoro. L’atmosfera è molto triste – ha detto Edwards senza riuscire a nascondere l’emozione – ma stiamo preparando un numero di cui essere fieri». Edwards ha smentito che per l’ultimo giorno di lavoro si fosse ricorsi a rinforzi da altre testate perché molti giornalisti di News of the world avrebbero dato forfait e che sulla sede fosse in atto una sorta di razzia da “si salvi chi può”. La caccia al souvenir dell’ultimo giorno però è reale e la sicurezza è intervenuta con prontezza su chi si avvicinava alla targa del giornale, fotografi compresi. L’unica indiscrezione sull’ultima edizione è stato un accenno a un «numero con il meglio di 168 anni» (72 pagine, più 48 sulla storia del giornale).
Sui media britannici è filtrato un audio carpito in redazione durante l’ultimo discorso di Rebekah Brooks: «Ormai News of the world è un marchio tossico per i pubblicitari», ha detto per spiegare la chiusura. E anche la Chiesa d’Inghilterra è scesa in campo minacciando in una lettera di ritirare i suoi investimenti (4 milioni di sterline) nel gruppo. Bocche cucite tra i dipendenti del tabloid, anche perché, informa una fonte interna, stanno valutando se portare avanti un’azione legale collettiva contro i vertici dell’azienda. Sul fronte dell’inchiesta, durante la notte tra venerdì e sabato la polizia (che in una nota ieri si è scusata per «non aver indagato a pieno nel 2005») ha arrestato e poi rilasciato su cauzione un’altra persona, della quale non è stata resa nota l’identità , ma che sarebbe un investigatore privato.
Ieri il Guardian, primo quotidiano a denunciare lo scandalo, scriveva che l’azienda avrebbe già  provveduto a distruggere migliaia di email utili per le indagini. Rupert Murdoch prima di partire per Londra ha sostenuto che quella di chiudere il tabloid è stata «una decisione collettiva», mentre la Brooks ha ripetuto ancora una volta di essere stata all’oscuro delle pratiche dei suoi giornalisti. Ma nel “Watergate inglese” ormai una cosa è chiara: travolgerà  una fetta consistente dei media, senza distinzioni.


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