Camera e Senato, battaglia sui risparmi

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ROMA – Sette sono ereditati dal defunto Psi, due dal Msi, uno dal Pli, e poi ancora quattro sono gli assunti al Senato quando c’era il gruppo di Rifondazione, tre provengono dal gruppo dei Verdi e due sono sopravvissuti alla Democrazia cristiana. Certo, non è facile abbattere la scure dei “tagli” sui posti di lavoro, ma il pd Pietro Ichino dice che l’operazione-trasparenza va fatta anche su questi, sugli “ereditati”, lavoratori cioè «in soprannumero sostanziale», in parte inutilizzati, sopravvissuti a gruppi e partiti scomparsi da Palazzo Madama e che però continuano a pesare su quel bilancio. Anzi. I costi per il personale dei gruppi («Voce di bilancio già  anomala, dal momento che c’è quella per il funzionamento dei gruppi», fa notare il senatore Ichino) sono lievitati di un milione di euro circa: da 12,96 milioni a 14,05. E quindi, sulla «eredità  dei partiti defunti» è previsto un ordine del giorno che già  divide i Democratici, riuniti stamani in assemblea. È uno degli scogli nel voto sul bilancio del Senato che, come quello della Camera, si discute oggi e domani.
In Senato, una cosa è certa: la “sforbiciatina” con spese ridotte appena dello 0,34%, (meno di 2 milioni rispetto al 2010) non piace all’opposizione. Troppo poco. Più della metà  del gruppo democratico ha già  annunciato che, se non cambia qualcosa, il bilancio di Palazzo Madama se lo approverà  la maggioranza da sola. Sarebbe la prima volta. «Ma ne va della credibilità  dei politici, in un momento così difficile per il paese», è il leit motiv del Pd. Dopo il buon esempio del Quirinale, va data una sterzata. Ecco un altro ordine del giorno, preparato da Enrico Morando, che prende in considerazione ulteriori risparmi. Spiega Francesco Sanna – senatore sardo che battagliò in commissione sui costi della politica durante la manovra – che al massimo si può concedere a Schifani di essere rimandato a ottobre. Il secondo ordine del giorno infatti (i bilanci non sono emendabili, ma gli odg sono vincolanti) chiederà  un risparmio del 15% nei prossimi due anni e mezzo, ovvero un centinaio di milioni di euro di tagli. Anna Finocchiaro, la presidente dei senatori Pd, è del tutto d’accordo: ci vuole una manovrina di bilancio interno aggiuntiva.
Molto inoltre c’è da verificare: dai 4 milioni spesi per le assicurazioni agli uffici degli ex presidenti del Senato e ai “servizi aggiuntivi” per l’ufficio di presidenza e i presidenti delle commissioni. Schifani aveva promesso 120 milioni di riduzioni in tre anni: e ci sono in bilancio, è vero, mini-stangate, che però vengono “mangiate” dall’aumento di altre voci. E comunque la promessa di Schifani sarebbe di questo passo difficile da mantenere. Lucio Malan, senatore del Pdl, tiene a precisare che il congelamento che il presidente Napolitano ha deciso sul proprio stipendio, in realtà  è stato già  adottato dai parlamentari: «L’indennità  parlamentare resterà  bloccata fino al 2013, lo è dal 2008 dopo che era stata ridotta del 10% nel 2006: perché al Parlamento vanno gli insulti?». Sarà  che molto ha abusato in privilegi la casta dei nominati?
Così alla Camera tutto è passato al setaccio del risparmio. Fini ha ribadito che i “tagli” nel triennio saranno di 151 milioni di euro (da restituire all’Erario), grazie a ulteriori dismissioni di uffici (14,3 milioni è il risparmio col recesso delle locazioni per gli affitti di Palazzo Marini), “esternalizzato” lo storico servizio di barberia, decurtata la diaria. Resterà  l’aereo gratis, però verifica sulla spesa annua. Franceschini e Ventura stanno limando un ordine del giorno del Pd che “stanga” i vitalizi e disegna una “Maastricht della politica” con allineamento delle indennità  all’europarlamento.


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