Dalla verdura alla benzina così i furbetti della tara truffano i consumatori

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ROMA – Lo faceva anche Totò. Nei panni del barone Antonio Peletti, l’avaraccio protagonista di “47 morto che parla”, si presentava dal macellaio, si faceva preparare tre bistecche e, al momento della pesatura, sollevava truffaldino il piatto della stadera con il suo bastone da passeggio. Solo un po’, quanto bastava per alleggerire di qualche etto la carne, e pagare meno. Il film è del 1950, e rispetto ad allora le antiche stadere romane si sono evolute in precise bilance elettroniche, i distributori di benzina si sono computerizzati, i tassametri si sono digitalizzati ed esistono apparecchi portatili non più grandi di un tostapane che misurano all’istante il tasso di alcol nel sangue di un automobilista e la velocità  a cui andava la sua macchina. Eppure oggi, come sessant’anni fa, c’è chi prova a far pendere la superprecisa bilancia dalla propria parte.
Basta poco ai truffatori del grammo, ai ladri del decilitro, ai furbetti del contachilometri. Guadagnano sui grandi numeri, non sul singolo caso. Ed ecco che la pompa di benzina eroga otto litri nonostante il display segni dieci, la collana al negozio “compro oro” misteriosamente si libera dalla forza di gravità  e risulta più leggera – quindi meno costosa – di otto grammi, il chilo di zucchine acquistato al mercato è meno voluminoso del solito. Il trucco è “starare”, manomettere lo strumento attraverso il software, la regolazione elettronica, il sistema computerizzato. In altre parole, usare il bastone di Totò versione Duemila. E la regola è sempre quella. Chi deve comprare, alleggerisce. Chi deve vendere, appesantisce. Starature dolose, talvolta colpose, quasi sempre dolorose per chi passa alla cassa.

BENZINAI TAROCCATI
A Palermo, nel quartiere Brancaccio, non ci si può fidare nemmeno di Padre Pio. Un lumino acceso sotto la statuetta del santo, nelle stazioni di servizio, significa che la maxi truffa della benzina è in atto. A quel punto, è inutile leggere le cifre che scorrono sul display della colonnina, nel serbatoio dell’auto finirà  sistematicamente meno carburante. La Direzione distrettuale antimafia sta indagando da febbraio su decine di gestori di distributori (Erg, Agip e Q8) sospettati di aver frodato migliaia di automobilisti. Il meccanismo funziona con un telecomando collegato alla scheda madre della centralina della pompa: quando viene azionato, la colonnina eroga il 10 per cento in meno, pur continuando a indicare correttamente i litri. Al prezzo attuale della verde, per un pieno da 80 litri il cliente paga 131 euro, ma i litri che finiscono realmente nel serbatoio della sua macchina sono 72. Il gestore truffatore ne risparmia 8, rubando 13 euro all’automobilista.
«È un modo nuovo di pagare il pizzo alla mafia – spiegano gli investigatori palermitani – perché poi il gestore è obbligato a dare a Cosa Nostra una percentuale sul carburante risparmiato e rivenduto al nero». E aggiungono: «Un forte sospetto di complicità  piomba sui dipendenti delle compagnie private che si occupano della manutenzione: sono loro ad avere la capacità  tecnica per alterare le macchine».
I distributori in Italia sono 24 mila. La provincia di Roma, con le sue 1400 stazioni di servizio, è un osservatorio privilegiato per capire come stanno le cose a livello nazionale. Secondo l’ufficio metrico della Camera di Commercio, che si occupa di verificare la regolarità  di tutti gli strumenti di misurazione, il 10 per cento dei distributori romani è fuorilegge. Quelli “starati” in media pompano lo 0,4 per cento in meno oltre il limite di tolleranza fissato al 2 per cento. Può sembrare poco, in realtà  una colonnina da 300 mila litri l’anno fa guadagnare al gestore un migliaio di litri di carburante. Benzina in esubero, non distribuita realmente. Il tenente Luca Gelormino, un passato al I° Gruppo di Roma delle Fiamme Gialle e un presente da comandante provinciale di Padova, fotografa così il fenomeno: «Statisticamente è in periodi come questo, con il prezzo della benzina alla stelle, che si hanno più truffe. C’è un effetto psicologico, l’utente tende a dare la colpa all’aumento dei prezzi se si accorge dopo il rifornimento che qualcosa non va. Quasi sempre l’alterazione avviene coi self service, in distributori isolati. Solo a Roma negli ultimi tre anni abbiamo sequestrato 80 colonnine. Alcune rubavano 2 litri ogni dieci indicati». Anche il gas può nascondere trappole. «Di recente – ricorda Gelormino – abbiamo scoperto un impianto che vendeva bombole da 25 chili riempite con appena 20 litri di gas. Dentro c’era un doppio fondo in cemento armato». Ma quante truffe si possono fare con gli strumenti di misurazione? E come si stabilisce quando un’alterazione è voluta o soltanto casuale?

QUANDO L’ETILOMETRO INGANNA
Per Massimo B., un giovane di Partinico (Palermo), l'”imprecisione strumentale” non è una sfumatura statistica, ma il salvacondotto che gli ha evitato il carcere. Fermato dalla polizia stradale, era stato sottoposto al test dell’etilometro che aveva rilevato un tasso alcolemico di 1,5 grammi/litro. Pena prevista: arresto fino a sei mesi, ammenda da 800 a 3200 euro, ritiro della patente da sei mesi a un anno. Al processo però i suoi avvocati hanno dimostrato che l’etilometro utilizzato non era stato sottoposto alla revisione annuale obbligatoria e per questo non misurava correttamente il livello di alcol nel sangue. La sentenza di assoluzione piena per Massimo B.(15 gennaio 2010), la prima in Italia, ha smontato il dogma dell’infallibilità  dell’etilometro elettronico, uno strumento che per sua natura è soggetto al deterioramento. Funziona grazie a un semiconduttore, l’ossido di stagno, e dei sensori delicatissimi che si saturano con l’uso: diventano imprecisi se lasciati in luoghi umidi, o troppo caldi o inquinati. La legge impone che l’errore della misurazione non superi mai lo 0,05 per mille, ma a determinate condizioni un etilometro arriva a segnare un tasso alcolemico superiore anche di 0,20 grammi/litro a quello reale. Uno scarto decisivo. «Per sanzioni così pesanti – ragiona Giuseppe Brancato, uno dei legali di Massimo B. – bisogna essere sicuri oltre ogni ragionevole dubbio dell’attendibilità  dell’accertamento. Il test n°10 sarà  affidabile come il test n° 1000, svolto dopo sei mesi di continuo utilizzo dell’apparecchio, esposto ad agenti esterni?». Gli etilometri in uso in Italia sono circa 8000, il 10 per cento dei quali – secondo le associazioni dei consumatori alle prese con i ricorsi degli automobilisti multati – non è a norma. Quello utilizzato dalla polizia stradale italiana è prodotto dalla Drà¤ger, azienda tedesca specializzata in software di rilevazione di vapori e gas. In Israele l’apparecchio è finito al centro delle polemiche perché si è scoperto che riconosceva come sostanze alcoliche anche l’acetone e l’acido acetico, presente nei succhi d’uva e in alcune bevande energetiche. E il modello di etilometro in dotazione agli agenti italiani è il Drà¤ger 7110 MkIII. Lo stesso utilizzato in Israele.

AUTOVELOX E TASSAMETRI
Per l’automobilista, benzinai ed etilometri non sono le uniche fonti di fregatura. A marzo la Guardia di Finanza di Brescia ha scoperto un giro di autovelox taroccati, che ha coinvolto 146 comuni e 367 funzionari. Registravano una velocità  superiore del 15 per cento rispetto a quella reale. Ottantaduemila le violazioni del codice illecitamente contestate, per un totale di 11,5 milioni di euro incassati senza averne diritto. E mentre il Codacons chiede l’intervento del governo per riaprire i termini ormai scaduti per contestare le multe, l’Aduc ha sospetti sul comune di Firenze «alfiere del fare cassa tramite autovelox con le sue 200 mila multe nel 2010 (+400 per cento rispetto al 2009)» e sul quale pende un esposto alla Procura della Repubblica perché – si ipotizza – sono state autorizzate postazioni prive della presenza di un vigile.
Giocano, e imbrogliano, con la velocità  anche i tassisti. Non tutti ovviamente. Quelli disonesti manipolano i tassametri per allungare artificialmente le corse. Ce ne sono 50 mila installati sui taxi italiani. Alcune verifiche fatte dalle associazioni dei consumatori dimostrano che il 2-3 per cento (circa 1500) è alterato. Come? «Basta comprare su Internet un amplificatore di segnale – spiega Moreno Sacco, responsabile di Atic Europe, l’azienda produttrice del modello “F1Plus” utilizzato dall’80 per cento dei tassisti – e applicarlo sull’odometro della vettura (il misuratore della distanza percorsa, ndr): l’amplificatore falsa i dati sulla velocità  inviati al tassametro. Ad esempio, il taxi viaggia a 50 km orari? Per lo strumento va a 100 all’ora. Quindi alla fine calcolerà  la tariffa su un percorso più lungo e mai fatto. In media si rubano al cliente dai 5 ai 15 euro». Ma per arginare queste truffe silenziose ai danni dei consumatore chi deve fare i controlli sulla taratura degli strumenti di rilevazione? Quanto costano? Ogni quanto tempo si fanno?

BILANCE “SBILANCIATE”
La verifica di tutti gli apparecchi di misurazione, come detto, rientra nei compiti delle Camere di Commercio. Ogni strumento deve essere revisionato per legge a cadenze fisse: le bilance, ad esempio, ogni tre anni. Su quelle regolari viene apposto un talloncino verde con la data aggiornata. Ma un commerciante su cinque ignora totalmente la normativa. Le verifiche poi, a carico totale dell’esercente (per revisionare una bilancia da banco si pagano 62 euro), richiedono tempo e lavoro e gli uffici metrici sono in difficoltà . Ancora l’esempio di Roma: l’ufficio ha solo sei dipendenti e un panorama di 1400 distributori, 30mila bilance e 5 stazioni di rifornimento per autobotti da controllare. «Servirebbero il doppio delle persone – dice Giovanni Gurgone, responsabile di Metrologia Legale della Camera di Commercio di Roma – e multe più salate: 216 euro per un distributore truccato e 516 euro per una bilancia non sono un deterrente per nessuno». Nella filiera della distribuzione alimentare, spiccano, in negativo, i mercati rionali.
Tra i banchi di frutta, verdura, formaggi e venditori urlanti si ha la sensazione di vivere una sorta di illusionismo metrico. C’è chi inclina la bilancia con due monetine sotto un lato della base per falsare la pesata e chi ancora usa le stadere, ferraglia ormai fuorilegge ma utile alla mano esperta per appesantire di frodo la merce. C’è chi pesa con l’imballaggio, chi appoggia un dito sul piatto al momento della pesatura, chi usa bilance “made in China” non omologate e chi supera di un etto la richiesta del cliente e poi chiede innocente: «Che faccio, lascio?». Un film di Totò in presa diretta. Folclore, ma fino a un certo punto. «A Milano, in uno dei mercati più popolari, abbiamo scoperto che una bilancia su due era fuorilegge – racconta Mario Emanuelli, responsabile del Nucleo per la tutela dei consumatori della polizia municipale – si taroccano inclinandole. Se la bolla sulla colonna della bilancia non è centrata, il peso risulterà  falsato del 10 per cento rispetto a quello reale». Così se un chilo di zucchine può costare fino a 4 euro, il venditore disonesto può “rubare” un etto ogni chilo, quindi 40 centesimi. Moltiplicato per centinaia di pesature al giorno, diventa un gruzzolo.
Tra i vicoli stretti del mercato napoletano del Vomero, il tenente Vittorio De Martino della Polizia annonaria ha sequestrato personalmente più di 600 bilance ad ago e un centinaio di stadere. «I controlli non sono più capillari come una volta – dice – e i trasgressori aumentano». E nei supermercati? «Una delle violazioni più comuni – dice Emanuelli – è quella di non sottrarre la tara, cioè il peso dell’involucro. Così si fanno pagare ai clienti anche dieci grammi di prodotto in più».
Ma quante sono le bilance truccate? La Camera di Commercio di Roma dice il 3 per cento, il Codacons stima un 15 per cento di apparecchi non a norma in tutto il settore alimentare.

COMPRO ORO A METà€ PESO
Poi c’è il mercato dell’oro, e qui la truffa non si fa all’etto, ma al grammo. Le migliaia di negozi “compro oro” sorti con la crisi economica pagano in contanti tutto quello che è fatto o contiene il metallo più prezioso, dalla protesi 18 carati di un molare al ciondolo ricevuto al battesimo fino a parti dei circuiti di telefoninI e computer. Ma quanto pagano? Spesso in questi negozi le leggi della fisica si annullano, o meglio, si piegano. Un breve tour nei “compro oro” siciliani, ne è la dimostrazione. Una collanina da 17,3 grammi (pesata da un gioielliere specializzato) e valutata tra i 330 e i 370 euro (secondo i parametri della London Bullion Market Association) è risultata pesare 8, 9, 12, 14 e 17 grammi a seconda del negozio. Relativismo metrico, si direbbe. Nella peggiore delle ipotesi, quindi, la collanina è stata venduta a 160 euro (20 euro a grammo). Per tutti vale il vademecum di Federconsumatori: fare il giro di più negozi prima di decidere, controllare le quotazioni dell’oro, affidarsi se possibile a venditori di fiducia. «Purtroppo fregare i clienti è semplicissimo – racconta dietro la garanzia dell’anonimato un gioielliere, anche lui nel business dei “compro oro” – c’è chi ricopre il fondo del piatto della bilancia ad ago con un sottile strato di spugna, per alleggerire il peso dell’oggetto, anche della metà . Si dovrebbero usare solo bilance digitali, ma nessuno viene a controllare, se non raramente, e sono in giro ancora quelle ad ago. La pratica è molto diffusa e truffando sul peso dell’oro si fanno soldi a palate». E io pago, diceva il barone Antonio “Totò” Peletti.


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