Il suicidio della testimone anti clan

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REGGIO CALABRIA — Si è suicidata ingerendo acido muriatico. Maria Concetta Cacciola, 31 anni, non ha spiegato il gesto estremo che ha spiazzato anche i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. La donna era figlia di Michele Cacciola, cognato del boss Gregorio Bellocco, il capo dell’omonima cosca di ‘ndrangheta di Rosarno, tra le più potenti del litorale tirrenico. Lo scorso maggio Maria Concetta si era presentata spontaneamente ai magistrati per fare alcune dichiarazioni. Ai pm Alessandra Cerreti e Giovanni Musarò aveva riferito notizie riguardanti le attività  illecite della sua famiglia.
I magistrati si erano trovati davanti una donna determinata, forte, pienamente consapevole della scelta di chiudere con il suo passato. Le sue dichiarazioni erano state riscontrate, tanto da permettere la scoperta di due bunker utilizzati dai latitanti della famiglia. La collaborazione di Maria Concetta Cacciola, cugina di un’altra pentita, Giuseppina Pesce, figlia di Salvatore, boss di Rosarno, avrebbe inoltre portato ad alcune richieste di arresto avanzate dalla Procura al gip distrettuale.
Il suicidio segue di qualche mese un altro caso analogo. Quello di Tita Buccafusca, 38 anni, moglie di Pantaleone Mancuso, boss di Nicotera (Vibo Valentia), toltasi la vita il 18 aprile ingerendo acido solforico dopo aver deciso di collaborare con la giustizia. «Tita» aveva conosciuto la ‘ndrangheta dall’interno, partecipando ai tavoli dove si prendevano decisioni importanti. Il suo pentimento era stato considerato una svolta storica negli ambienti investigativi.
La scomparsa di Maria Concetta Cacciola evoca anche quella di un’altra donna legata alla ‘ndrangheta, Lea Garofalo, ex collaboratrice di giustizia rapita, uccisa e sciolta nell’acido.
Maria Concetta era stata ammessa al programma di protezione, tanto che aveva lasciato Rosarno per trasferirsi in una località  segreta. Lo scorso 10 agosto, improvvisamente, aveva invece deciso di ritornare a Rosarno, probabilmente per riprendersi i suoi figli. Chi l’ha incontrata di recente l’ha descritta come una donna totalmente cambiata.
Sabato sera ha deciso di farla finita. La pentita si è chiusa in bagno e ha bevuto acido muriatico. Sono stati i genitori a trovarla, ormai in fin di vita. Vana la corsa all’ospedale di Polistena. Il procuratore di Palmi, Giuseppe Creazzo, ha aperto un fascicolo e ha ordinato l’autopsia. L’inchiesta dovrà  accertare se dietro il suicidio ci possano essere eventuali pressioni dei familiari. La donna era sposata con Salvatore Figliuzzi, attualmente in carcere per scontare una condanna a otto anni per associazione mafiosa. È stato arrestato nel 2002 nell’ambito dell’operazione «Bosco selvaggio» che portò in galera i vertici del clan Bellocco. Figliuzzi, però, è stato anche coinvolto nel tentativo di uccidere due magistrati all’epoca in servizio alla Dda di Reggio Calabria, Alberto Cisterna e Salvatore Boemi. La scoperta era stata fatta dai carabinieri che, intercettando tre personaggi di Rosarno, tra cui Figliuzzi, ascoltarono in diretta la preparazione dell’agguato contro i due magistrati. Forse Maria Concetta aveva parlato anche di quell’agguato ai magistrati reggini? Dalle prime indagini sembrerebbe che la pentita non abbia lasciato nessuna lettera per spiegare il suo gesto.
Il senatore pd Giuseppe Lumia, membro della Commissione antimafia, ha detto che il suo suicidio «è l’ennesimo fatto drammatico che mina la credibilità  dello Stato e rischia di compromettere in modo irreversibile uno strumento straordinario per la lotta alle mafie».
Carlo Macrì


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