«Siamo profughi di guerra»

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 BARI.Mai prima di oggi Bari aveva conosciuto la durezza, la paura, la rabbia viste negli scontri di lunedì tra i 200 richiedenti asilo e le forze dell’ordine. Per otto ore sui binari della Bari Nord e la tangenziale è ricomparso lo spettro di Nantes-La-Jolie, il sobborgo francese dove iniziò il riot che ha incendiato per mesi le banlieue nel 2005. Ancora ieri la tensione era altissima, durerà  almeno fino all’incontro di oggi in Prefettura dove, forse, arriverà  una risposta ai migranti fuggiti dalla guerra libica che chiedono il riconoscimento dello status di rifugiati politici.

In questo momento il Cara che sorge nell’aeroporto militare di Bari-Palese è isolato. L’accesso è stato interdetto alle autorità  politiche e ai giornalisti. Le autorità  adducono motivi di ordine pubblico, bisogna chiedere un permesso al ministero degli Interni. Abbiamo incontrato una delegazione dei richiedenti asilo in città  nel primo pomeriggio. I tre ragazzi hanno denunciato l’ultima umiliazione che hanno subìto in mattinata. Sebbene la mensa sia stata distrutta, a mezzogiorno è stato comunque servito il pranzo di lunedì. Il cibo era immangiabile ed è stato rifiutato da tutti.
I tre non sapevano ancora che, dopo gli scontri, la procura di Bari sta indagando per resistenza aggravata, blocco ferroviario, danneggiamento aggravato di dieci mezzi delle forze dell’ordine, di un autobus e di un camion. E poi c’è l’incendio di uno dei «moduli» del Cara, il danno è stato prontamente calcolato in 200 mila euro; l’interruzione di pubblico servizio e il reato di occupazione dei binari. Il bilancio finale della guerriglia è di 98 feriti, di cui 42 poliziotti, 40 carabinieri e 16 cittadini. Sono state arrestate 28 persone trasferite nel carcere di Bari e in quello di Trani. La maggior parte sono africani, ma sette di loro vengono dal Bangladesh, 5 dal Pakistan, 4 dall’Afghanistan. La delegazione sostiene con forza la loro innocenza, sono state arrestate dopo avere assistito agli scontri sui binari.
Ciò che preme alla delegazione è il riconoscimento del loro status di profughi di guerra. Negli ultimi mesi la commissione territoriale ospitata nella caserma degli allievi della finanza accanto al Cie di Bari lo ha negato a molti dei 750 richiedenti (tempo medio di attesa oltre 7 mesi, si procede al ritmo di nove colloqui al giorno, 40 alla settimana). Pur provenendo tutti dalla Libia, dove lavoravano, la commissione ha scelto di giudicare i loro casi seguendo il criterio del paese di provenienza. Quindi tutti gli africani – tranne i nati in Costa d’Avorio – si sono visti negare il permesso di soggiorno per motivi umanitari, mentre afghani, iracheni, somali e pakistani sono stati accettati. Questa discriminazione ha radicalizzato la disperazione dopo il 27 luglio, giorno dell’ultimo incontro di una delegazione, sostenuta dalle associazioni e dalla rete anti-razzista di Bari, con la commissione. Nell’ultima settimana si sono verificati alcuni atti di auto-lesionismo. Un giovane ragazzo africano è salito in cima ad un «modulo» e ha minacciato di darsi fuoco. È stato convinto a scendere solo dopo molte ore.
Le condizioni di vita nel Cara restano disumane. I tre ragazzi, vestiti con indumenti di fortuna ripescati nella spazzatura o per strada, raccontano di mangiare una volta al giorno e il cibo non rispetta le loro tradizioni religiose; ricevono sapone e shampoo ogni due mesi, una scheda telefonica ogni 10 giorni e un pacchetto di sigarette ogni 5. Mancano i medicinali. Un altro motivo di tensione sono i 24 euro giornalieri che dovrebbero ricevere per affrontare le spese di prima necessità , ma nessuno di loro li ha mai visti. Sopravvivono con la carità  e i contributi dei parenti. Occorre chiarire da subito questo problema perché è sulla carenza di informazione che nel Cara sta crescendo l’ostilità  e la depressione, aggravate dall’ignoranza assoluta sui tempi delle procedure.
È comunque certo che tutti, a partire dalla Prefettura fino al Comune e alla Regione, erano da tempo al corrente della situazione esplosiva. A inizio giugno la Bari Nord è stata bloccata due volte. Il 20 dello stesso mese i richiedenti asilo hanno organizzato un presidio alla Regione, il 5 luglio hanno sfilato in 300 nelle strade del centro ottenendo un incontro con il vice-prefetto che fa le veci del prefetto sul cui nome i due ras della destra pugliese, Mantovano e Fitto, sono da tempo in guerra. Nessuno però ha risposto, fino a ieri. Stamane è previsto un sit-in delle associazioni e dei movimenti davanti alla Prefettura.

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NAPOLI
La polizia sgombera 40 migranti senza casa

 La polizia municipale partenopea prosegue la sua attività  contro le fasce sociali più povere, e ieri si è presentata nell’ex autoparco di via Brin per sgomberare 40 migranti che lì avevano trovato rifugio. Il comune di Napoli a metà  luglio aveva scoperto che nella struttura viveva una parte della comunità  di via dell’Avvenire a Pianura. L’amministrazione, stabilito di destinare il sito a deposito temporaneo di rifiuti, ha ricollocato un centinaio di migranti nel centro Caritas di via Don Bosco e in due strutture comunali. Da alcuni giorni, però, si erano aperte trattative con le associazioni e il sindacato Usb per trovare una soluzione per ulteriori 40 persone, che al comune non risultava negli elenchi. Ieri l’accelerazione. Il rappresentate della comunità  ammanettato e portato nella sede della polizia municipale. «Ribadiamo la nostra disponibilità  a discutere – spiega l’assessore alle Politiche sociali – ma c’è bisogno di individuare un percorso che necessita dei tempi giusti».

(a.po.)


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