Ogoniland, un inferno di bitume

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Sempre che venga intrapresa: l’Unep suggerisce di creare una Authority per la bonifica dell’Ogoniland, e di metterle a disposizione un fondo con capitale iniziale di 1 miliardo di dollari messo dall’industria petrolifera, per coprire i primi 5 anni. Irrisorio, ribattono gruppi nigeriani…
Lo studio è stato condotto dal Programma dell’Onu per l’ambiente (Unep), su incarico formale del governo della Nigeria, e finanziato con 9,5 milioni di dollari dalla Shell, la compagnia che nel 1958 ha cominciato a estrarre petrolio in Ogoniland, nello stato di Rivers. Il rapporto finale è stato consegnato giovedì al presidente nigeriano (vedi www.unep.org). Due giorni fa abbiamo riferito che Royal Dutch Shell ha ammesso in tribunale (a Londra) la sua responsabilità  in un enorme sversamento di greggio avvenuto nel 2008 nella zona di Bodo, sempre in Ogoniland (terraterra, 4 agosto). Ma quello di Bodo rientra in 50 anni di sistematico inquinamento: e lo studio dell’Unep conferma quanto denunciano da decenni le forze sociali in Ogoniland, gruppi ambientalisti e coalizioni per la giustizia sociale.
Si tratta di uno studio scientifico senza precedenti. La ricerca sul campo è durata 14 mesi; una équipe di esperti e scienziati ha esaminato oltre 200 siti, monitorato 122 chilometri di oleodotti, tenuto oltre 23mila assemblee pubbliche con la popolazione. Hanno esaminato campioni prelevati dal sottosuolo e nelle falde acquifere in 69 siti; Hanno prelevato campioni d’acqua da 142 pozzi scavati allo scopo.
Le conclusioni sono apocalittiche. Molte zone, che in superfice sembrano pulite, sono in realtà  gravemente contaminate nel sottosuolo, dice l’Unep. Almeno 10 comunità  Ogoni stanno bevendo acqua contaminata con alti livelli di idrocarburi. L’Unep cita un centro, Nisisioken Ogale, nell’Ogoniland occidentale, dove gli abitanti bevono acqua di pozzo contaminata con benzene (noto carcinogeno) in concentrazioni 900 volte più alte di quanto tollerato dalle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità . Il centro urbano si trova accanto a un oleodotto dell’Ente nigeriano del petrolio: i ricercatori vi hanno trovato uno strato di 8 centimetri di petrolio raffinato che galleggia sulla falda da cui pescano i pozzi, e pare che ciò sia dovuto a uno sversamento avvenuto 6 anni fa.
Lo studio dell’Unep fa notare inoltre che il controllo e la manutezione delle infrastrutture petrolifere in Ogoniland resta inadeguata. Dice che la Shell non ha applicato le sue stesse procedure, «creando un problema di salute pubblica e di sicurezza». Aggiunge che idrocarburi galleggiano nei canali e fiumi dell’Ogoniland – a volte uno strato spesso e nerastro, a volte più sottile. E che «l’impatto del petrolio sulle mangrovie è stato disastroso». Le mangrovie, alberi le cui radici pescano in acqua formando un groviglio, sono un ecosistema importante tra l’altro perché impedisce l’erosione delle coste e costituisce una sorta di vivaio per la fauna acquatica: in Ogoniland sono per lo più ridotte a scheletri senza foglie e con le radici coperte di bitume. Leggiamo poi che spesso gli sversamenti di greggio, quando avvengono sulla terraferma, danno luogo a incendi che lasciano una crosta di cenere e asfalto su cui non riscresce nulla.
Il rapporto Unep «mostra che la Shell, non la popolazione, è responsabile di questa aggressione all’ambiente», commenta Nnimo Bassey, direttore del gruppo nigeriano Environmental Rights Action (affiliato a Friends of the Earth internazionale): «Gli ogoni aspettano delle scuse dalla Shell».


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