Redditi dei dipendenti Giù al Nord, salgono al Sud

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A tracciare il quadro dissestato dell’Italia nella morsa della crisi è l’Ancot, Associazione nazionale consulenti tributari, che ha esaminato le dichiarazioni dei redditi presentate nel 2010. Dall’analisi è emerso che, rispetto al 2009, ben 273.746 contribuenti hanno lasciato la casella in bianco. L’indagine delinea una situazione a macchia di leopardo sul territorio italiano: la contrazione maggiore dei redditi dichiarati è stato rilevato in Lombardia con un calo pari a un miliardo 366 mila e 610 euro, seguito da Piemonte, con meno 684,887 milioni, Emilia Romagna, con meno 457,954, e Veneto, giù di 353,351 milioni. Ad ampia distanza Marche, meno 99,369 milioni, Friuli Venezia Giulia, meno 31,334 milioni, e Molise, meno 25,871. In altre regioni d’Italia, invece, la situazione è più sfaccettata: anche se si è assistito a una diminuzione del numero di coloro che hanno dichiarato redditi di lavoro dipendente, si è avuto nel contempo un aumento del reddito dichiarato. Il fenomeno si è osservato in Abruzzo (11,124 milioni di euro), in Basilicata (13,432 milioni), Umbria (15,893 milioni), Valle d’Aosta (28,120 milioni), Sardegna (38,174 milioni), Toscana (38,203 milioni), Campania (46,355 milioni), Puglia (60,822 milioni), Provincia di Trento (80,786 milioni), Calabria (101,559 milioni), Bolzano (120,189 milioni), Lazio (164,904 milioni), Liguria (180,267 milioni) e Sicilia (218,357 milioni).
«La gravissima crisi economica — spiega il presidente nazionale dell’Ancot Arvedo Marinelli — ha messo a dura prova i bilanci di moltissime famiglie che, condizionate dalla perdita dei posti di lavoro, hanno finito con il ridimensionare drasticamente aspettative e prospettive di vita». Come prevedibile, il quadro è meno drammatico per chi ha conservato l’occupazione, grazie anche agli strumenti di welfare per i dipendenti: «Gli effetti della congiuntura negativa sui redditi da lavoro dipendente, che sono pari al 53% del reddito complessivo Irpef, sono stati mitigati tanto dal consistente finanziamento degli ammortizzatori in deroga disposto dal Governo, quanto dall’aumento del 3,1% delle retribuzioni orarie, dovuto al rinnovo dei contratti collettivi in alcuni importanti comparti del settore privato e pubblico».


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