G8, sì al processo per Bertolaso e Anemone

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PERUGIA – Tutti a processo tranne uno. Il gup di Perugia Claudia Matteini ha disposto ieri il rinvio a giudizio di Guido Bertolaso, ex capo della Protezione Civile, dell’imprenditore Diego Anemone, dell’ex provveditore alle opere pubbliche Angelo Balducci e di altre 15 persone indagate nell’inchiesta G8 e Grandi eventi. Il giudice ha ritenute fondate le accuse messe insieme dai pm Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi contro quella che a suo tempo è stata definita «una cricca di banditi che operava in un sistema gelatinoso» e che spaziano dalla corruzione all’associazione a delinquere, dalla rivelazione di segreto d’ufficio al favoreggiamento. Scrive la Matteini nel decreto di rinvio di giudizio: «Sulla base dell’attività  di indagine compiuta dai pm emergono sicuramente sufficienti elementi di reità  a carico dei predetti imputati in ordine ai reati di cui in rubrica».
Unico ad essere scagionato da ogni accusa è il presidente dell’Istituto per il Credito Sportivo e già  senatore Ds, Francesco Alberto Covello, il cui avvocato Marco Brusco ha dimostrato che non è stato corrotto da Anemone per finanziare la ristrutturazione del Salaria Sport Village, il centro sportivo dell’imprenditore dove invece Guido Bertolaso si sarebbe fatto “massaggiare” da Monica Da Silva Medeiros e da Francesca Muto in cambio dei favori concessi allo stesso Anemone.
Nel capo di imputazione dei pm perugini contro Bertolaso si legge: «Il pubblico ufficiale Guido Bertolaso da solo o in concorso di volta in volta con altri soggetti compiva scelte svantaggiose per la pubblica amministrazione e favorevoli al privato, illegittimamente operava e consentiva che in funzionari sottoposti operassero affinché le imprese facenti capo a Diego Anemone risultassero aggiudicatarie degli appalti…». In cambio l’ex capo della Protezione Civile avrebbe ottenuto «la disponibilità  di un appartamento in via Giulia il cui canone mensile pari a 1500 euro veniva corrisposto da Anemone, 50mila euro in contanti» e naturalmente i “massaggi” al Salaria Sport Villagge.
Il rinvio a giudizio di Bertolaso, Anemone, Balducci e degli altri quindici indagati (e di undici società ) che saranno processati il 23 aprile 2012 è un’altra grande vittoria per il pm Sergio Sottani, nel frattempo diventato procuratore capo a Forlì. Le difese degli indagati avevano infatti tentato più volte di strappargli l’inchiesta adducendo che Perugia non era competente per territorio. Sottani però era riuscito a mantenere la guida dell’indagine che aveva ampiamente sviluppato dopo che sulla sua scrivania era arrivato il fascicolo riguardante l’ex procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro.
Ad avviare l’inchiesta sugli appalti del G8 e sui Grandi eventi erano stati i magistrati di Firenze che, indagando sulla costruzione della nuova Scuola Marescialli dei carabinieri aveva scoperto la “cricca” formata da Anemone e dai suoi complici. Le intercettazioni avevano rivelato che il gruppo aveva influenzato l’acquisizione dei maggiori appalti di opere pubbliche degli ultimi anni: dai Mondiali di nuoto a Roma del 2009 al G8 della Maddalena sino ad arrivare alle celebrazione per i 150 anni dell’Unità  d’Italia.
I pm di Perugia dal canto loro avevano scoperto il coinvolgimento nei traffici di Anemone di personaggi eccellenti: da Claudio Scajola che aveva dovuto dimettersi da ministro dopo che si era appreso che l’imprenditore aveva pagato la sua casa in via del Fagutale, a due passi dal Colosseo, all’ex ministro Pietro Lunardi e al cardinale Crescenzio Sepe sino al 2006 alla guida di Propaganda Fide. Sia Lunardi che Sepe sono stati indagati per corruzione dai pm di Perugia ma la loro posizione è stata stralciata dall’inchiesta principale in attesa delle decisione del Parlamento in merito alla richiesta di autorizzazione a procedere per l’ex ministro. La posizione di Scajola è invece passata all’esame della procura di Roma, che l’ha indagato per finanziamento illecito a parlamentare.
Nel frattempo tre indagati hanno chiesto il patteggiamento: l’architetto Zampolini considerato “l’ufficiale pagatore” di Anemone, condannato a 11 mesi, il giudice Achille Toro e suo figlio Camillo condannato rispettivamente a 8 e 6 mesi per rivelazione di segreto d’ufficio.


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