Lo scetticismo europeo figlio delle ambiguità  di misure non chiare

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E il fatto che le difficoltà  italiane si inseriscano in uno sfondo più ampio, che coinvolge l’intera Europa, non basta a renderle meno preoccupanti. L’oscillazione del centrodestra da un’ipotesi all’altra acuisce lo scetticismo di chi osserva l’Italia dall’estero. E nonostante l’acquisto dei nostri titoli di Stato da parte della Banca centrale europea, ieri lo scarto negativo rispetto a quelli tedeschi ha toccato il livello più alto dall’8 agosto scorso. Il modo in cui ieri in Commissione al Senato la maggioranza ha cominciato a smontare la manovra getta un’ombra sulla volontà  di perseguire seriamente l’obiettivo. Le critiche arrivate ieri dalla Commissione Ue sono esplicite seppure corrette dopo un colloquio con Giulio Tremonti.
Il portavoce del commissario all’Economia Olli Rehn, è perplesso per l’«eccessivo affidamento alla lotta all’evasione fiscale». È troppo difficile, spiega, valutare adesso l’impatto reale che avrà  sul bilancio dello Stato italiano. Ma ad aumentare le riserve è anche il modo scoordinato col quale gli stessi ministri commentano il compromesso laborioso raggiunto giovedì al Senato. La distanza fra il leghista Roberto Calderoli che stuzzica Confindustria per le critiche al provvedimento, accusandola velatamente di proteggere gli evasori, e il berlusconiano Brunetta che assicura un’azione senza «vessare i contribuenti», è vistosa. Si salda alle proteste di Regioni e sindaci, anche di centrodestra, contro i tagli decisi dal governo.
Ormai si dà  per morto il federalismo, ucciso dai tagli alle amministrazioni locali, nonostante il Carroccio si ostini a negarlo. Ogni categoria, ogni parte del Paese ha la sua micro geopolitica da imporre. E Forza Sud gioisce perché ottiene i fondi che chiede minacciando di votare contro. Il vicepresidente dei senatori del Pdl, Gaetano Quagliariello, invita a «riflettere» sulle parole del Garante della privacy, Francesco Pizzetti, ipercritico sulla pubblicazione online dei redditi. Quagliariello ricorda che un provvedimento del genere fu preso nel 2008 dal governo Prodi; e contrastato dal Pdl. Perfino il segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone, attacca il governo che avrebbe maltrattato le cooperative.
Insomma, l’assedio alla manovra non è finito: dentro e fuori i confini dell’Italia e della stessa maggioranza. Il ministro dell’Economia, Tremonti, è costretto a spiegare che non ci saranno condoni, come paventa il Pd: sarebbero solo un intervento una tantum per fare cassa. E sullo sfondo rimane l’ipotesi di un aumento dell’Iva, col rischio di far schizzare in alto l’inflazione. Sono fotogrammi di una situazione tutt’altro che stabilizzata, con Palazzo Chigi incapace di offrire tutte le garanzie che la Bce gli chiede. Anche perché, fa notare l’ex commissario europeo, Mario Monti, «il susseguirsi di ipotesi diverse e anche contraddittorie» ha disorientato i mercati. Rimane il sospetto che, almeno in alcune parti, la manovra sia stata costruita soprattutto in base a calcoli elettorali.
Il pericolo è che proprio per questo possano essere rimessi almeno in parte in discussione. Ma più passa il tempo, più si è indotti a registrare una mancanza di consapevolezza della gravità  di quanto sta accadendo. Le opposizioni calcolano i soldi bruciati ieri dalla Borsa, e concludono che «anche la seconda manovra berlusconiana è stata bocciata» dall’Europa. Certamente, finora non ha convinto. Anche per questo il centrosinistra e l’Udc si tengono a debita distanza. Vogliono che un Berlusconi logorato se ne assuma la responsabilità  e poi se ne vada. L’attacco rozzo dell’altra sera del premier alla sinistra, d’altronde, offre un alibi comodo per non assumersi responsabilità , al di là  della forma definitiva che prenderanno i provvedimenti. Ma l’ipotesi che il presidente del Consiglio si dimetta continua a essere poco verosimile. Nonostante tutto.


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