Più innovazione e marketing, corrono i «distretti» italiani

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E adesso per la prima volta, anche se solo per un lasso di tempo pari ai tre mesi che vanno da aprile a giugno 2011, i distretti italiani hanno incrementato le vendite all’estero più di quanto sia riuscita a fare l’industria manifatturiera tedesca: 12,9 contro 10,6%. La competitività  dei territori del made in Italy è testimoniata dalla capacità  di acquisire quote di mercato nella stessa Germania.
I distretti hanno esportato nel Paese di Angela Merkel +17,7% a fronte di un aumento delle importazioni tedesche da tutti i Paesi del mondo rimasto a quota +10,9%. E un analogo fenomeno riguarda la penetrazione dei nostri prodotti in Francia e Cina, riusciamo a esportare ben oltre l’aumento delle importazioni medie di quei Paesi. Commenta Fabrizio Guelpa, responsabile del servizio studi e ricerche di Intesa Sanpaolo: «Non solo molti distretti hanno recuperato le quote di mercato che si erano perse per la crisi della domanda iniziata nel 2008 ma le nostre imprese sono andate, con successo, alla conquista di nuovi mercati».
A tirare il gruppo sono i distretti del sistema moda come il polo fiorentino della pelle, l’abbigliamento di Empoli, gli articoli in pelle e calzature di Arezzo insieme al tessile di Biella, le calzature di Fermo e della Riviera del Brenta. I mercati nei quali la moda italiana ha trovato migliore accoglienza sono stati Francia, Germania, Russia, Stati Uniti e Cina. Subito dietro la moda staccata di appena un’incollatura arriva la meccanica e le citazioni d’onore vanno al distretto di Lecco, alle macchine per l’imballaggio di Bologna, alla meccanica strumentale di Vicenza e alle macchine tessili e per la plastica di Brescia. Ciascuno di questi distretti ha fatto segnare incrementi superiori al 25%. Di tassi di crescita più contenuti si è dovuto accontentare il settore agroalimentare (+8,8%) con citazioni positive per i vini (Langhe e Conegliano), mentre la crisi dell’immobiliare in corso in quasi tutti i Paesi di sbocco ha frenato il made in Italy dell’arredamento e della casa e ha visto addirittura scendere le vendite degli elettrodomestici di Fabriano e Pordenone. Un focus lo merita la Cina che sta trainando, al pari della Germania, il nostro export. Nel secondo trimestre del 2010 avevamo venduto per 483 milioni di euro, nello stesso periodo del 2011 si è passati a 606. Nel Paese di Wen Jiabao i distretti migliori si sono rivelati quelli della meccanica e del sistema moda già  citati, seguiti da una buona performance del polo dolciario di Alba e Cuneo.
Ma il made in Italy sta reggendo in virtù della sua tradizione o grazie alla capacità  di aver innovato? Per Guelpa è giusta la seconda. «Da diverse indagini su base regionale condotte dalla Banca d’Italia e dall’esame che facciamo delle relazioni di bilancio emerge che i fattori decisivi anche durante la crisi si sono chiamati qualità , innovazione e marketing. Nei distretti queste leve sono state rafforzate con particolare energia. I guai dell’industria italiana vengono soprattutto da altri comparti, da quelli che non riescono a esportare e non mostrano sufficiente capacità  di reazione». Il secondo interrogativo, doveroso, riguarda l’impatto che la bufera finanziaria di agosto potrà  avere sul dinamismo dell’economia reale e in particolare sulla verve dei distretti. Guelpa non è del tutto pessimista. È vero che molti mercati, persino quello tedesco, segnalano in prospettiva una decelerazione dei loro Pil, ma per i ricercatori di Intesa Sanpaolo lo scenario non è così drammatico. Ci sarà  un clima meno favorevole alle esportazioni ma comunque ci sarà  la possibilità  di difendere le posizioni del made in Italy. Il pericolo maggiore forse è un altro, l’aumento del costo del denaro a medio termine che può peggiorare la struttura finanziaria delle imprese e può anche avere l’effetto di scoraggiare la tendenza a investire. Resta, infine, sullo sfondo il tema della promozione dell’export. Pare di capire che il governo voglia fare, in qualche maniera, una sorta di marcia indietro rispetto alla soppressione dell’Ice. Speriamo. Rimarrà  comunque il grande dubbio sul perché abbia fatto marcia in avanti.


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