Cento associazioni chiedono un futuro sostenibile per il Polesine

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«Fermiamo il carbone». Sabato ad Adria (ore 14 davanti alla stazione ferroviaria) manifestazione nazionale per stoppare la conversione della centrale Enel di Porto Tolle e pretendere un altro futuro per il Polesine. Ritorna così in primo piano – proprio nel Nord Est ingessato dalla crisi – il movimento che non si lascia ricattare dal “lavoro sporco” e dalle lobby trasversali. L’iniziativa è promossa da uno schieramento che va perfino al di là  delle sigle referendarie sui beni comuni. Sono i no coke di Alternativa, AltraMente scuola per tutti, AltroVe, Arci, Auser, A Sud, Cepes, Circolo AmbienteScienze, Comitato energia felice, Comitato sì alle rinnovabili no al nucleare, Coordinamento veneto contro il carbone, Ecologisti democratici, Fare verde, Federazione nazionale pro natura, Federconsumatori, Forum ambientalista, Greenpeace, Medici per l’ambiente, Italia Nostra, Kyoto club, Legambiente, Lega pesca, Lipu, Movimento difesa del cittadino, Movimento ecologista, OtherEarth, Rete della conoscenza, Rigas, Slow Food, Sos rinnovabili, Vas, Wwf e Ya Basta.
Ma l’ossimoro del carbone “pulito” sembra non convincere nemmeno Giuseppe Bortolussi, patron della Cgia di Mestre, candidato alla presidenza del Veneto dal centrosinistra nel 2009. Insieme ai consiglieri regionali Pietrangelo Pettenò (Federazione della sinistra) e Gustavo Franchetto (capogruppo IdV) ha raccolto parte dell’appello no coke e messo in cantiere una mozione che chiede di “congelare” il carbone di Porto Tolle in attesa della presentazione del piano energetico veneto da parte della Giunta Zaia. Più convulsa la combustione interna al Pd: a palazzo Ferro-Fini la linea gotica dell’astensione sulla delibera regionale che fa a pezzi la legge istitutiva del Parco del Delta del Po non è bastata a contenere la “diserzione” di un paio di consiglieri (Graziano Azzalin e Mauro Bortoli) schierati ufficialmente «in difesa dei posti di lavoro», al pari degli esponenti di Pdl, Lega, Udc e degli “esuli” di Verso Nord che il 25 luglio al Consiglio regionale hanno detto sì al revamping Enel.
Martedì scorso Oscar Mancini, portavoce del comitato ‘Fermiamo il carbone’, ha ribadito «l’assurdità  di installare all’interno di un parco naturale e in una delle più grandi zone umide d’Europa, una centrale che funziona a carbone e che ogni anno emetterà  10 milioni di tonnellate di CO2, 3000 tonnellate di ossidi di azoto e 3 milioni di tonnellate di zolfo, senza contare l’arsenico, il cadmio e il cromo». In altre parole la riconversione “pulita” va nella direzione opposta alla strategia di riduzione delle emissioni – fanno notare i comitati – ed è un’operazione di cui non si sente davvero il bisogno «visto che l’Italia fa registrare una potenza installata quasi doppia rispetto al picco della domanda».
La prova del nove arriva dal cartello dei produttori energetici: lamentano un utilizzo degli impianti solo per un terzo della capacità . Non fa breccia nemmeno l’orizzonte di posti di lavoro promesso dai dirigenti Enel: nella migliore delle ipotesi riusciranno a malapena a compensare quelli “carbonizzati” nei settori dell’agricoltura, del turismo e della pesca. A questo si aggiungono gli inquietanti aspetti sanitari della riconversione. Le rilevazioni e l’analisi delle epidemiologie indicano, inequivocabilmente, che l’inquinamento e i danni per la salute si estenderanno all’intera Pianura Padana. «Per questo il ricatto occupazionale dell’Enel va rifiutato da tutti con dignità  e fermezza. Oggi più di ieri il futuro è nell’economia sostenibile, al punto che sul piano dei posti di lavoro la bonifica dell’area e la riconversione verso impianti e produzioni rinnovabili darebbero lavoro stabile e sicuro a un maggior numero di persone» puntualizzano i comitati, convinti che «il carbone lo porta solo la Befana».
La diretta streaming della manifestazione contro il revamping della centrale di Porto Tolle verrà  trasmessa sui siti di globalproject.info e libera.tv.


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